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GIOVANNI GRANATELLI - MUSICA QUESTUANTE (NINO ARAGNO EDITORE,2014)

No, non è insoddisfatto di se stesso e del mondo, Giovanni Granatelli utilizzando l’esergo di Danilo Kis che apre il suo “Musica questuante”. Altro si evidenzia già dai primi versi calibrati e cadenzati in una composta partitura a perfetto equilibrio di spazio e pausa. Poiché egli scrive “per ripetere/ le formule complete/ del nostro giuramento”... dove quindi vi sono vocazioni geometriche e ipotetiche punizioni che il poeta per affrontare deve vivere con il coraggio richiesto. E sentire tale coraggio lo può solo chi una soddisfazione coltiva nel senso aperto della riparazione dall’offesa di una mancanza che qui si contrasta attraverso i promemoria, i suoni, la destrezza sofferta, mentre il segno della notte è binario, non arreso al sonno, estenuata preparazione. Ci si rivolge a un tu presunto, assente, auspicato e nello stesso tempo concreto, vigile, temporaneo e liminare coagulo d’incerte rappresentazioni da districare con l’energia acustica delle sillabe. E parole o sintagmi sono i percepiti sintomi di una levità acquorea, fisicità agente attraverso un senso esistenziale che si fa caduta, traccia esauribile nel levato osteggiarsi degli elementi. Gli angeli di turno, poi, sono del tutto provvisori; lasciati a redigere un tratto di strada che auspicheremmo  ben più solido e delimitato tra i bastioni atti a proteggerci dalle vendette piovose e acri della distanza. La speranza di senso incide il suo rigirarsi all’esatta continuazione del verso, dove la mancata sedimentazione dell’attesa si erge a fusione di un classico senso rigenerato e rinegoziato dagli accordi prudenti di commensali e dervisci. Incombono poi i rilievi delle mani, a testimoniare necessità di coniugare dolore e preghiera, nell’incessante succedersi del colore scuro delle notti dove l’alchimia è misura di un taciuto profetico e già postumo, abitato da neon e chiodi. Quale il senso in un gelo dialogante? Ad un tratto il tutto tende ad un accenno discorsivo sedato dagli inappetenti miasmi del compromesso contestuale, insufficiente a giustificare gli enti e il già compiuto. Il percorso si fa poi più dicibile nell’evidenziare con freddezza le cicatrici della vita e l’ambiguità del silenzio, quasi che Granatelli ad un certo punto sentisse la necessità di estremizzare la condensazione del messaggio insito in una volontà di dedica, come l’evocazione di certe note lombarde che vennero tracciate, anche se con toni diversi, dagli strumenti umani di Sereni. E allora, forse, non resta che la rivisitazione dei possibili accordi, la traccia cromatica essenziale e sensibile delle assonanze, “la bellezza delle arance”.



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