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ANDREA RUINI "LE RAGIONI DELLA FILOSOFIA" (EDITRICE CLINAMEN, 2014)

A più di trent'anni di distanza sembra davvero che l'epoca del "pensiero debole" sia del tutto archiviata. Testi usciti in tempi recenti, come il "Manifesto del nuovo realismo" di Maurizio Ferraris o "La ricerca della verità in filosofia" di Enrico Berti portano, su linee pur diversissime, ad un punto di riferimento conoscitivo comunque oggi fondamentale... la riscoperta di un ruolo forte della filosofia che riconquisti territori speculativi da troppo trascurati o perfino negati. Il lavoro dello studioso modenese Andrea Ruini "Le ragioni della filosofia" (Clinamen, 2014) intende, attraverso uno stile molto diretto e discorsivo, ribadire la necessità di una filosofia che torni ad essere una disciplina votata alla conoscenza; non tanto per cambiare il mondo quanto per comprenderlo e capirlo. L'analisi parte dalla presa d'atto di una deriva che aveva portato la disciplina speculativa per eccellenza ad essere divisa tra appartate dispute accademiche da una parte e futili banalizzazioni mediatiche dall'altra. Il punto iniziale della feconda riflessione di Ruini è una critica molto netta al percorso analitico e una tesi che vuole invece un intreccio profondo tra filosofia e scienza. Ora, già da qui è necessario considerare, secondo chi scrive questa nota, una diversa configurazione di ciò che chiamiamo "scienza", tenendo presente che la disciplina empirica porta ad una definizione in svolgimento del "come", mentre il "perché" rimane prerogativa della specifica indagine filosofica. La logica, di cui fu padre prioritario Aristotele, tende certo ad avvicinarsi al confine con la matematica, perché quest'ultima è costituita da concetti (come i numeri stessi); questo comporta una differenza fondamentale con altre discipline scientifiche (come la fisica) dove il procedere tende poi necessariamente a verifiche sperimentali. Ruini accende ben presto la miccia della polemica circa una limitazione della posizione di matrice analitica intorno alla eccessiva rilevanza data alla parola, ad una ricerca che diventa filosofia del linguaggio. Ben conosciamo uno scenario che ha visto fronteggiarsi una tradizione aristotelico-tomista di tipo continentale e una linea analitica di matrice anglosassone. Nel primo fronte l'esistenza era considerata categoria attribuibile agli enti stessi, nel secondo invece l'esistenza andava riferita ai concetti. Un importante punto d'incontro tra metafisica classica e analitica è stato analizzato  presso l'Istituto di studi filosofici di Lugano, nel corso degli anni Duemila, trovando poi una sintesi interessante nel tomismo analitico. La posizione dello studioso modenese tende però a concentrarsi più sullo sviluppo di una linea fortemente legata al percorso scientifico; ed è proprio su questo campo che si aprono i caratteri di una maggiore criticità delle tesi. Partendo dalla convinzione opinabile ma forte che sostiene chi scrive questo commento, della necessità di ritrovare un obiettivo metafisico per la ricerca filosofica, ritenendo che non possa esserci ricerca autentica dei significati senza l'ambizione concettuale di tendere alle cause prime e ai principi primi, diventa molto stimolante individuare nell'encomiabile impegno di Andrea Ruini, la volontà di una rilettura della funzione speculativa, tenendo ben presente anche i limiti di una cultura scientifica mai assoluta o dogmatica, essendo tale eventuale dato riferibile al trascendente e non certo all'immanente. Ruini critica in modo energico particolarmente la realtà intellettuale italiana, dove un certo orientamento ideologico ha dettato legge all'interno del mondo accademico e militante, con esiti spesso disastrosi. Dobbiamo però anche ribadire che molti pensatori della nostra realtà nazionale si sono spesso ancorati a posizioni neokantiane, in  un neocriticismo per certi versi ancora imperante. La domanda fondamentale sul che cosa posso sapere, comunque, riconosce i limiti della nostra capacità ma non ne indebolisce le possibilità e gli sviluppi. Il quesito sul senso, sul significato, non potrà mai limitarsi ad una osservazione di tipo esclusivamente "scientifico" (nell'accezione moderna del termine) che, come già detto in precedenza, si concentra sul "come" e non può, per sua stessa natura, arrivare al "perché". Se l'ente in quanto tale sussiste, il suo significato viene espresso dal concetto e quest'ultimo, a sua volta, non può sussistere al di fuori di un linguaggio. Una poesia definibile come tale, intenta ad esprimere un senso, deve imporsi lo stesso rigore di un sistema geometrico. Molto sta nel vedere che cosa noi intendiamo per  "parola"; molto sta ancora nel pensare come noi interpretiamo l'essere stesso negli enti. Ecco perché allora diventa fondamentale l'approccio metafisico, nel suo comprendere ontologia e teologia razionale (non dogmatica). L'ente tangibile esiste ma è il linguaggio dell'uomo a definirlo, a determinarne il significato intrinseco. Il testo di Andrea Ruini tende invece ad indirizzarsi maggiormente verso una riflessione che ha come obiettivi una decisa valorizzazione dell'approccio matematico e una peculiare attenzione alla filosofia politica, ambito di specialistica formazione dello studioso modenese che, su questo fronte, dimostra davvero acutezza e lucidità di veduta esemplari. Nettamente condivisibili sono, ad esempio, le pagine che ridimensionano la portata teorica, evidenziandone la deriva assolutistica, di figure da sempre elevate a icone della sinistra storica come Marx e Gramsci. Energica anche la critica nei confronti di certo ateismo militante che Ruini contrasta a vantaggio di una ragionata laicità illuminista, tanto più che oggi, in realtà, molti ambiti di ricerca dimostrano come più razionalmente convincente la tesi teistica, cioè quella che vede la necessità dell'esistenza di una causa prima. Ne sono testimonianza concreta testi come quello di Robert Spitzer "Nuove prove dell'esistenza di Dio" per l'ambito del confronto con le scienze ma non solo, e una ricerca come quella di Mario Micheletti "La teologia razionale nella filosofia analitica" che riattualizza, in ambito teoretico, gli argomenti ontologico, cosmologico e teleologico, solo per citare alcuni esempi. Decisamente negativi, poi, i giudizi espressi da Ruini su nomi considerati primari nella filosofia del Novecento, quali Heidegger, Wittgenstein, Foucault, Derrida, bersagli di una vera e propria azione demolitrice. Vengono invece apprezzati, oltre a figure come Spinoza, Popper,Gellner, Putnam ed in particolare Bertrand Russell che però, a giudizio di chi scrive questa nota, ha dimostrato carenze interpretative gravissime come il confondere metafisica con dogmatismo, quando la ricerca sull'essere è l'esatto contrario del dato acquisito per imposizione dogmatica e ha, inoltre, confuso autentica ermeneutica evangelica con militanza ortodossa ecclesiastica.  Anche nel caso di Heidegger era lo stesso Giovanni Reale a vedere in lui non l'intenzione di chiudere l'epoca della metafisica, ma di una "certa" metafisica specifica, per orientarsi poi verso una ulteriore svolta, così come la concezione di un diverso essere dell'uomo che diventa esserci, essere nel tempo (in fondo il suo capolavoro avrebbe forse potuto intitolarsi "Essere è Tempo") ma qui l'approfondimento richiederebbe spazi inevitabilmente maggiori. Parole di particolare apprezzamento vengono poi espresse nei confronti di figure legate alla filosofia politica come Norberto Bobbio e Lucio Colletti. Nell'impianto del testo ci si riferisce a quest'ultimo per avvalorare una netta critica nei confronti dell'idealismo anche se il "processo dialettico di soggiorno presso il negativo", se così vogliamo chiamarlo, è forse altro dal semplice trasferire le contraddizioni logiche dal pensare all'essere, ma la capacità di sostare: "lo spirito è questa forza sol perché sa guardare in faccia il negativo e soffermarsi presso di lui" scrive infatti Hegel nella Fenomenologia dello spirito. Sentite poi, tra le ultime pagine, quelle dedicate a George Orwell, sempre impegnato a enunciare anche verità sgradite, e quelle relative alla bellezza della prosa musicale "basata sulla ripetizione ossessiva e sull'assonanza" di uno dei maggiori scrittori austriaci del Novecento, Thomas Bernhard. "Le ragioni della filosofia" di Andrea Ruini è un lavoro importante perché, indipendentemente dalle posizioni specifiche e personali, ribadisce la necessità di ritrovare per la filosofia stessa il ruolo primario del suo essere disciplina conoscitiva, capace di capire la realtà, dimostrando nel testo tutto il valore di uno studioso autentico, lontano da mode e derive ideologiche.



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