Alicia ZARATE - eneabiumi

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Alicia ZARATE



Acqua. Oro azzurro?

Sono un’artista  attiva in temi  ecologici e sociali  e appartengo all’emisfero Sud, vorrei spiegarvi che cosa sta accadendo in Argentina  con l’acqua potabile, e far conoscere  che cosa succede qui per questo elemento vitale.
Come nacque il progetto “acqua oro azzurro?” Obiettivo
Cinque anni fa, davanti alla difficile situazione economica che stiamo attraversando, la accelerata distruzione del paesaggio ed ecosistemi per megaprogetti di energia;  l’aumento dei trasporti su gomma, la costruzione di strade solo per facilitare  il trasporto di risorse naturali all’emisfero Nord  senza nessun beneficio per gli abitanti della zona, la proibizione di transitare su spazi pubblici  diventati privati, come laghi, fiumi, spiagge, isole, la contaminazione  ambientale, e la lettura di un testo di Ricardo Petrella, professore dell’università de Lovaine, in Belgio, mi convinsero ad iniziare il progetto ACQUA: ORO AZZURRO?. Questo progetto ha come finalità di essere il punto di incrocio di conoscenze, di saperi, di preoccupazioni attorno all’acqua, promuovendo azioni e attività in comune – a secondo di come uno sa e può –  in difesa del valore dell’acqua come bene universale, sacro secondo le popolazioni originarie, davanti alla mercificazione delle nostre stesse vite.
Il nostro corpo è per il  75%  costituito da acqua, ossia, SIAMO ACQUA. Compartiamo questo elemento con tutti gli esseri viventi,umani o no. E da questo elemento dipende la nostra vita.
Oggi sono qui con lo stesso obiettivo, perché questo incontro fa parte del progetto Acqua: oro azzurro?.
Nel 2000, in Argentina si erano già privatizzati tutti i beni e i servizi  più redditizi, distrutto i sistemi di protezione sociale (salute, pensione, educazione… ecc.) basati sulla solidarietà, rimpiazzati dal concetto di  rendita.
Organizzazione politica della Repubblica Argentina.
Per poter intendere con chiarezza  ciò che è accaduto con l’acqua in Argentina, dirò brevemente come è costituita l’amministrazione pubblica in Argentina
Il territorio nazionale è diviso in regioni chiamate province.  Buenos Aires è l’unica città autonoma, ossia funziona come una provincia. Ogni provincia si dà una sua organizzazione nel rispetto della Costituzione Nazionale. Le città e i paesi hanno una loro propria organizzazione, sebbene alcune funzioni e fondi dipendano dall’amministrazione provinciale.
L’autorità che sta al di sopra della provincia è quella nazionale. Le province delegano alla Nazione le funzioni e gli interessi comuni agli abitanti del territorio della Nazione.
Storia della gestione dell’acqua in Argentina
Prima dell’arrivo dei conquistatori spagnoli, gli autoctoni vivevano in armonia con i cicli naturali  e sapevano gestire l’acqua potabile. Nella regione del rìo de la Plata, nella pampa che è una pianura in formazione, le popolazioni erano nomadi.
Dal 1536, quando si fondò per la seconda volta Buenos Aires, l’acqua veniva prelevata dal fiume e si usava acqua piovana. Poco per volta le popolazioni si insediavano, nei primi secoli la maggioranza era costituita da spagnoli, più tardi da europei e mediorientali che fuggivano da guerre e persecuzioni. Ogni comunità era autonoma nel ricavare l’acqua, generalmente lo si faceva seguendo le tradizioni del posto, salvo nelle grandi città dove il potere politico era forte come a Buenos Aires, Còrdoba, Santiago del Estero. Nelle zone che erano appartenute all’impero incaico, i conquistatori distrussero l’efficiente sistema di irrigazione per consolidare  la dominazione: un popolo senza acqua e alimenti si sottomette rapidamente.
All’inizio del secolo  XX e a causa della febbre gialla, che decimò la popolazione di Buenos Aires, furono istituite le Obras Sanitarias de la Naciòn, come organismo dello stato Nazionale per realizzare il servizio di acqua potabile a domicilio.  Logicamente le reti si istallarono nelle città importanti, le altre vennero lasciate libere alla loro sorte.
Nelle altre comunità, gli abitanti si organizzarono in cooperative, sicuramente per la forte presenza di immigrati socialisti e anarchici.
Questa forma rimase in vita fino agli anni 90 del secolo passato. L’acqua era un elemento senza valore commerciale. Non la si negava a nessuno anche se non poteva pagarla.
Durante l’amministrazione di  Menem, si consolidò  il capitalismo di mercato iniziato negli anni  70, durante la dittatura. Tutto ciò che dava maggior profitto passò nelle mani delle multinazionali. Buenos Aires e dintorni, dove si concentra il 30% della popolazione, è una delle zone che offrono più profitti nella somministrazione dei servizi, tra i quali quella domiciliare dell’acqua potabile.
Allora la gente capì che il paradiso promesso era un inferno. Nella provincia di Buenos Aires, l’acqua si estraeva dal suolo tramite apposite pompe. La Lyonnese des Eaux, impresa francese,  cambiò il sistema di distribuzione, imponendone un altro, già sperimentato efficiente in un altro posto. Lì no. Smettendo di prelevare l’acqua, salì il livello della falda freatica e si inondarono le sue case. Un giornalista francese fece una denuncia di quello che lì stava accadendo, l’impresa iniziò contro di lui una causa di diffamazione e il giornalista fu condannato a pagare un euro... E’ interessante la lettura della sentenza perché lascia vedere la corruzione, con la partecipazione di politici, impresari, banche, ongs, e un numero imprecisato di connivenze.
Nel resto del paese si presentarono casi simili di inefficacia e di  inadempienze. Dove ancora non era stata privatizzata l’acqua, si organizzarono assemblee contro la privatizzazione, una delle più attive è la provincia di Santa Fe; si formò una rete di assemblee contro la privatizzazione a livello continentale.
In Bolivia, la lotta fu una delle più dure, con forti scontri contro le autorità, con centinaia di feriti e morti.
Dal mio punto di vista, succede così perché lì si ha un’altra visione del mondo, si assegna un valore sacro al cosmo e vogliono che si prosegua in questo modo.  In Bolivia, il 90% della sua popolazione è originaria e orgogliosa di esserlo, a differenza dell’Argentina, dove specialmente negli ultimi anni  si sta accettando che molti siano meticci e, altro, l’orgoglio di essere originari. Nell’ultimo censimento si apprese che il 56%  riconosceva la sua origine.
Nel resto del paese capita lo stesso che nel continente, nel pianeta.  Tutto si frammenta, si collocano cartelli con scritto “PROPRIETA’  PRIVATA- DIVIETO DI TRANSITO”, e guardie armate private al servizio della proprietà privata. Laghi, fiumi, biosfere, parchi nazionali, sono stati risucchiati dal grande capitale, a danno delle popolazioni locali.
Siamo testimoni della devastazione della Natura da parte dei signori delle guerre. Lungo la cordigliera delle Ande, le imprese minerarie hanno il permesso di entrare, uscire, decimare popoli, avvelenare l’acqua. Le industrie producono l’85% della contaminazione nella zona pampeana.  L’acquifero Puelches è contaminato dalla radioattività e lo stato nazionale e provinciale non fanno nulla; tanto meno le imprese di bevande gassate o di birra. In Uruguay (fiume degli uccelli dipinti)  si stanno installando imprese finlandesi per la fabbricazione di cellulosa e di schegge di legno, applicando metodi altamente contaminanti, proibiti in Finlandia. Quello che non possono fare nei propri paesi di origine, pretendono farlo nel terzo mondo. Questo tema fu quello che motivò la mia venuta oggi in Svezia.
C’è ancora tanto da dire, ma non voglio dilungarmi oltre. Vorrei conversare con voi e veder che cosa possiamo fare insieme. Il Pianeta è un corpo vivo, ciò che si fa in un posto si ripercuote in un altro.
Prima di questa frammentazione planetaria, propongo di essere indios bianchi, ossia, recuperare il contatto con i cicli naturali, con il nostro stesso corpo, integrandoci nella natura, lasciando da parte la pretesa di DOMINARLA.
Non cambieremo il mondo, però per lo meno non lo lasceremo facilmente ai signori che si credono padroni del mondo, e immortali.


Agua: ¿oro azul?

Soy  artista  activista en temas  de ecologìa y sociales  y vengo del hemisferio Sur, a fin de  contarles que està ocurriendo en la Argentina  con  el agua potable, y conocer què pasa aquì con este vital elemento.
Como naciò el proyecto  agua oro azul? Objetivo
Hace 5 años , ante la dificil situaciòn economica que padeciamos, la acelerada destrucciòn del paisaje y ecosistemas para megaproyectos de energia;  el crecimiento del transporte automotor, la construcciòn de carreteras solo para facilitar  el transporte de recursos naturales al hemisferio Norte sin ningùn beneficio para los habitantes de la zona, la prohibiciòn de transitar por espacios pùblicos  que se convirtieron de uso privado como lagos, rìos, playas, islas, la contaminaciòn  ambiental, y la lectura  de un texto de Ricardo Petrella, profesor de la universidad de Lovaina, en Bèlgica , me llevaron a iniciar el proyecto AGUA: ORO AZUL?. Este  proyecto tiene por finalidad ser punto de entrecruzamiento de conocimientos, saberes, preocupaciones  acerca del agua, propiciar acciones y actividades  en comùn -cada uno como sabe y  puede – en defensa del valor del agua como bien universal , sagrado  segùn los pueblos originarios, frente a la mercantilizaciòn de nuestras propias vidas.
Nuestro cuerpo es 75% agua, o sea, SOMOS AGUA. Compartimos este elemento con todos los seres vivientes, humanos o no. Y de este elemento depende nuestra vida.
Hoy estoy  aquì con el mismo objetivo, ya que este encuentro forma parte del proyecto Agua oro azul?.
En el año 2000, en la Argentina ya se habìan  privatizado todos los bienes y servicios màs rentables, destruido  los sistemas de protecciòn social (salud, jubilaciòn, educacion, etc) basados en la solidaridad, siendo reemplazados por el concepto de rentabilidad.
Organizaciòn polìtica de la Republica Argentina.
Para poder entender con claridad què ocurriò con el agua en la Argentina, les cuento  resumidamente còmo es la organizaciòn  de la administraciòn pùblica en la Argentina
El territorio nacional està dividido en  regiones llamadas provincias. La ciudad de Buenos Aires es la unica ciudad autonòma o sea que funciona como una provincia. Cada provincia se da su propia organizaciòn  dentro del marco de la Constituciòn Nacional. Las ciudades y pueblos  tienen su propia organizaciòn , aunque algunas funciones y recursos  dependen de la administraciòn provincial.
La autoridad que està por encima de la autoridad provincial es la nacional. Las provincias delegan a la Naciòn funciones e intereses comunes a los habitantes del territorio de la Naciòn.
Historia de la gestiòn del agua  en la Argentina
Hasta que llegaron los conquistadores españoles, los pueblos originarios vivìan en armonia con los ciclos naturales y sabìan como gestionar el agua potable.
En la regiòn del rìo de la Plata, en la pampa que es una llanura en formaciòn, las poblaciones eran nòmades.
Desde 1536, cuando se fundò por segunda vez la ciudad de Buenos Aires, el agua  se extraìa del rio y se usaba el agua de lluvia . A medida que se instalaban las poblaciones, en su mayorìa  de España en los primeros siglos, màs tarde desde  toda Europa y Medio Oriente huyendo de guerras y persecuciones. Cada comunidad se daba su propia forma de obtener el agua , por lo general lo hacìan siguiendo tradiciones traìdas de su lugar de origen, salvo en las grandes ciudades donde el poder politico era fuerte como Buenos Aires, Còrdoba, Santiago del Estero. En las zonas que habia pertenecido al imperio incaico, los conquistadores destruyeron el eficiente sistema de riego para consolidar la dominaciòn: un pueblo sin agua y sin alimentos se reduce ràpidamente.
A principios del siglo XX y a consecuencia de la fiebre amarilla, que diezmò la poblaciòn en la ciudad de Buenos Aires, se creò Obras Sanitarias de la Naciòn, como organismo del estado nacional para realizar el servicio de agua potable domiciliaria.  Logicamente las redes se instalaron en las ciudades importantes, las demàs quedaron libradas a su suerte.
En las demàs comunidades, los vecinos se organizaron en cooperativas, seguramente por la fuerte presencia de inmigrantes socialistas y anarquistas.
Esta forma siguiò asì hasta la dècada del 90 del siglo pasado. El agua era un elemento sin valor comercial. A nadie se le negaba  aunque no pudiera pagarlo.
Durante la administraciòn  Menem , se consolidò  el capitalismo de mercado  iniciado en la dècada del 70, durante la dictadura. Todo lo que daba màs ganancias  pasò a manos de  las empresas multinacionales.  La ciudad de Buenos Aires y alrededores, donde se concentra el 30% de la poblaciòn ,   es una de las màs rentables en  el suministro de servicios, entre ellos  el suministro domiciliario de agua potable.
Cuando la poblaciòn advirtiò que el paraìso prometido en realidad era un infierno. En la provincia de Buenos Aires, el agua se extraìa del suelo mediante bombeo. La Lyonnese des Eaux, empresa francesa,  cambiò el sistema de suministro, imponendo otro que habìa sido eficiente en otro lugar. Allì no. Al dejar de bombear agua , subiò  el nivel de la capa freatica y se inundaron sus casas. Un periodista francès hizo la denuncia de lo que allì ocurrìa, la empresa le iniciò un juicio por difamaciòn y fue condendo a pagar un euro ... Es interesante  la lectura de la sentencia porque queda expuesta la corrupciòn, con la participaciòn de polìticos, empresarios, bancos, ongs, y un sinnùmero de  conexiones.
En el resto del  paìs se presentaron problemas similares de ineficacia o de incumplimiento. Donde todavìa no se habìa privatizado el agua, se organizaron asambleas de vecinos contra la privatizaciòn, siendo una de las màs activas las de la provincia de Santa Fe; se formò una red de asambleas contra la privatizaciòn a nivel continental.
En Bolivia, la lucha fue una de las màs duras, con fuertes enfrentamientos contra las autoridades, y tuvo centenares de heridos y de muertos.
Desde mi punto de mi vista, esto es asì porque allì se tiene otra cosmovisiòn, se le asigna un valor sagrado y quieren que siga siendo de esa manera. En Bolivia, el 90% de su poblaciòn  es originaria y orgullosa de serlo, a diferencia de la Argentina, donde recièn en los ùltimos años  se està  aceptando que muchos somos mestizos y, otros, el orgullo de ser originario.En el último censo de poblaciòn  surgiò que el 56%  reconocia su origen originario.
En el resto del paìs, ocurre lo mismo que en el continente, en el planeta.  Todo se fragmenta, y se coloca el cartel “PROPIEDAD PRIVADA- NO PASAR”, y guardias armados privados o gendarmes al servicio de la propiedad privada. Lagos, rìos, biòsferas, parques nacionales se han entregado a los grandes capitales, desplazando a los pueblos originarios.
Somos testigos de la desvastaciòn de la Naturaleza por los señores de la guerra. A lo largo de la cordillera de los Andes, las empresas mineras tienen patente de corso para entrar, salir, diezmar poblaciones, envenenar el agua .Las industrias agropecuarias producen el 85% de la contaminaciòn  en la zona pampeana. El acuìfero Puelches tiene  contaminaciòn con radioactividad y el estado nacional y provincial, no se dan por enterados ; tampoco las empresas de bebidas gaseosas y de cerveza. En el Uruguay (rìo de los pàjaros pintados)  se estàn instalando  empresas finlandesas para la fabricaciòn de pasta celulosa y de astillas de madera, aplicando mètodos elevadamente contaminantes, prohibidos en Finlandia. Lo que no pueden hacer en su paìs de origen, pretenden hacerlo en el otro extremo. Este tema fue lo que me motivò  mi llegada hoy a Suecia
Hay mucho màs para seguir, pero no quiero extenderme màs. Quisier a  conversar con ustedes y ver què podemos hacer juntos. El planeta es un cuerpo vivo, lo que se hace en un lugar repercute en otro.
Ante esta fragmentaciòn planetaria , les propongo ser indios blancos, o sea, recuperar el contacto con los ciclos naturales, con nuestro propio cuerpo, integrarnos a la naturaleza, dejando de lado la pretensiòn de DOMINARLA.
No vamos a cambiar al mundo , pero por lo menos  no se lo entreguemos fàcilmente a los señores que se creen amos del mundo, e inmortales.

"La fuerza de la simplicidad es enorme"

El agua, indispensable a la vida, fue convertido rápidamente en los ultimos años en un gran negocio, principalmente de las grandes multinacionales. Y está desapareciendo. La escasez del agua en escala mundial representa una de las amenazas ecológicas, económico y política más grandes del siglo 21. Y és esta trama capitalista que la artista plástica de la Argentina, Alicia Zárate, viene denunciando en los ultimos cinco años, con el proyecto "Agua¿ Oro Azul?". Recientemente ella estaba en la Europa divulgando este trabajo, e en la vuelta concedió a ANA la entrevista a seguir, donde habla del agua, ecología, anarquía, cuerpo, simplicidad...
Agência de Notícias Anarquistas > Hace pocas semanas que volviste de Europa, no? En qué ciudades estuviste presentando el proyecto "Agua¿Oro Azul?"
Alicia Zárate < Hace un mes y medio regresé, mucho antes de lo previsto, porque fui para quedarme 1 año y no soporté. Con "Agua ¿Oro Azul?" estuve en Huesca, Barcelona, Milán, Campobasso, Estocolmo, Sandviken.
ANA > Y cuál es el balance que haces de todo eso?
Alicia < Todavía estoy tratando de reflexionar en torno al tema. Tengo una mezcla de ideas y sensaciones. Quizás esta conversación contigo me ayude a ponerlas en orden.
Llegué a la conclusión de que el umbral de tolerancia al maltrato es más elevado que el nuestro. No sé si ello se debe a la tradición judeocristiana, o sea, aceptación del sufrimiento como expiación de los "pecados", o de desconexión con el cuerpo. El cuerpo es objeto de manipulación, de consumo. Desnaturalización simple y llana. En Italia, mi visita coincidió con la muerte del papa y un referendum por la fecundación asistida.
El nivel de tolerancia, lo vi, por ejemplo,en Barcelona, durante una performance en el Kabaret Overt. Los clientes enredados con un hilo de algodón y con trocitos de basura atados a sus manos, sentado/as o de pie, aceptaban pasivamente la situación. Pasé veinte minutos enre dándolos y dándoles basura. En algún momento alguien reaccionaría. Nada. Recuerdo las imágenes y me resultan surrealistas. Finalmente, cuando me acerco a enredar nuevamente a una mujer, ésta me dice amablemente: ¿me puedo rebelar? ¡¿Te imaginas a alguien pedir permiso para rebelarse?! - No - respondí. y ¡aceptó mi negativa!. ¡Todavía no puedo creerlo! Los dejé enredados y me fui. Además mi tiempo se había terminado. Seguían otros poetas visuales.
En Buenos Aires, con la misma performance la gente reaccionaba, y algunos muy enojados. Antes la hacía vestida de negro, con el rostro cubierto, hasta que un grupo de chicos dijeron: ¡hay que matar a la araña! ¡Mirá lo que hace!¡nos destruye todo! Confieso que me asusté, cuando vi como se cruzaban miradas y decididos a que no siguiera enredando a nadie. Aquí por lo menos todavía tenemos capacidad de reacción
ANA > Hay receptividad respecto del tema entre lo/as anarquistas europeo/as?
Alicia < Les interesa como algo que le pasa a los otros y no en su propio lugar -como al resto de las personas. Hay compañero/as y grupos que se ocupan y ponen el cuerpo en acciones, pero son muy pocos -como en todos lados. Es muy humano, mientras el problema no se presente, se mira hacia otro lado o se deja su consideración para más adelante, cuando ya es tarde.
En Huesca, por ejemplo, un grupo de jóvenes anarquistas muy activo se ocupa del tema de los transgénicos, pero los OGM ya están. Hay grupos pequeños, pero todavía se trabaja sin potenciar la tarea del otro.
En Suecia encontré mayor interacción entre anarquistas y grupos afines, ambientalistas, trabajadores, desocupados. Los compañeros de Sandviken, 200 km al norte de Estocolmo me sorprendieron por la actividad que desarrollan en un lugar que a primera vista no pasa nada.
ANA > En América Latina, en el mundo anarquista, hay una discusión con respecto al agua, actividades... o es cosa "solo de ecologistas", especialistas, técnicos...
Alicia < En esta Tierra Fecunda -conocida como América Latina- no hay discusión, y muy pocas actividades sobre el tema entre ácratas, sí entre algunos compañeros interesados en la ecología, Luis Sabini Fernández, por ejemplo. O grupitos de jóvenes que trabajan con entusiamo y hacen acciones, pero aislados entre sí. En general, no se relacionan las luchas por el agua, la tierra, la ecología con la anarquía.
La cuestión del agua empezó a tratarse en la década del 70 por especialistas, siguió el movimiento verde que luego se transformó en partido político en Alemania y en otros países europeos, y ya conocemos la historia... ahora son burócratas que reparten el mundo sentados en la mesa de negociaciones con los señores de la guerra. Esos movimientos surgieron desde los especialistas, de los técnicos. El tema quedó concentrado en ONGs sostenidas, en su gran mayor ía, con fondos de las empresas contaminantes y destructoras de ecosistemas, como forma de limpiar la imagen.
En los pueblos periféricos como esta Tierra Fecunda, la India, Las Filipinas - por citar algunas regiones- los movimientos ecologistas surgen como respuesta a la agresión que sufren, a su estilo de vida. Asistimos a un enfrentamiento entre el antropocentrismo depredador y la cosmovisión holística, pero no se discute al autoritarismo, ni al estado. Queda en la disyuntiva: privado o estatal. Y es allí donde los ácratas nos debemos una reflexión conjunta, un espacio en el que se intercambien conocimientos y se debata seriamente, sin recetas, ni etiquetas, y ofrecer una propuesta, o tan solo nuestros debates, pero no quedarnos sin intentar comprender.
ANA > En la actualidad, diversas empresas extranjeras controlan la explotación de los ríos brasileños para la producción de energía, y muy pronto podrán controlar el uso de los ríos para riego, transporte y abastecimiento de agua. ¿En la Argentina pasa lo mismo?
Alicia < En la Argentina, en el resto del continente, en el planeta, ocurre lo mismo. Aquí, las empresas no son sólo extranjeras, sino que en muchos casos participan capitales argentinos. Es una trama muy compleja. Estamos hermanado/as por la explotación para satisfacer a la metrópolis.
Al río de la Plata y al Paraná se los draga para que puedan entrar los buques de gran calado, en vez de construir embarcaciones respetando al río. No se toman en cuenta sus características, sino los puertos y ríos de la metrópolis.
Pero a la naturaleza no se la puede dominar. En Rosario -mi ciudad natal, se "recuperó" la ribera del Paraná para la ciudad siguiendo el diseño y tecnología aportadas "generosamente para estrechar los lazos de amistad entre la Argentina y España" por el gobierno español, ribera a la que se llama Parque España. A unos 10km río arriba se construyó el puente Rosario-Victoria, pese a la objeción fundamentada de los vecinos y de los ambientalistas. Se dilapidaron millones de dólares en nombre del "progreso y de la hermandad entre los pueblos de latinoamérica", por una cuestión electoral. Hace dos meses, a causa del dragado, el río cortó y se llevó parte de la barranca que sostiene al Parque España. No hubo víctimas porque fue en la madrugada de un día laborable. Allí hay centros culturales muy modernos, muy "primer mundo".
ANA > En forma reciente recibí una información sobre la hidropiratería en la Amazonia brasileña. O sea robo de agua dulce del río Amazonas (la Amazonia es la región con mayor reserva de agua dulce en el mundo) por parte de buques extranjeros. Conocía casos de biopiratería en esa región, pero enterarme del tráfico de agua dulce es alarmante. Esa historia y otras más sobre el controle de los recursos hídricos por p arte de los poderosos, corrobora una tesis de que la cuarta guerra mundial será por el control del agua, o todo no es más que una fantasía de ecologistas?
Alicia < Llegan muchas noticias de diferentes partes de la región al respecto. Es necesario corroborarlas, para no alarmarse sin fundamentos. Aunque la experiencia me indica, que por no escuchar a los habitantes del lugar, sus aparentes fábulas, se permite la masacre, tal como ocurrió en el ingenio azucarero Ledesma durante la dictadura militar; y en forma reciente la destrucción de ecosistemas, muertes y desapariciones de personas, por ejemplo, en Pascua Lama. También hay formas sofisticadas de llevarse el agua. En la carne congelada por ejemplo: el 70% de la carne es agua, que no regresa al ecosistema donde se encontraba. También contaminar las regiones periféricas para mantener ecológicamente saludable a la metrópolis.
ANA > ¿Quieres decir que el agua congelada en la carne también se trafica? Con el agua dulce del Río Amazonas ocurre exactamente eso, según algunas denuncias ambientalistas.
Alicia < No me enteré que ocurra algo similar en esta región, pero es muy posible. No sé si se trafica o no.
En los alimentos frescos y bebidas que se exportan, se va agua potable y minerales que no vuelven al lugar de origen, ni se pagan en ese concepto. Según una evaluación de especialistas ambientalistas con la introducción de transgénicos esto se agravó en los últimos 20 años, lo que era bosque nativo y pradera natural fértil, ahora es tierra agotada, muerta. La superficie de este desastre sigue extendiéndose. En la Argentina, la soja transgénica extrae los minerales y el agua como si fuera una bomba de succión y deja la tierra yerma. Para volver a sembrar en el mismo campo se agregan grandes cantidades de minerales. El precio que se paga por quintal de grano -para alimentar el g anado de la metrópolis- es muy inferior al que el agricultor paga en fertilizantes (minerales) y está tan hábilmente montada la trampa, que no pueden salir.
ANA > En Italia, estuviste en contacto con el proyecto "Le Cucine del Popolo"?
Alicia < Si, con los compañeros de Reggio Emilia. Me gusta esa región, su espíritu. Es un lindo proyecto. Se conecta con la vida, con los sentidos, el placer del encuentro, del intercambio. Es lo más cercano que encontré a las tradiciones de algunos pueblos originarios, el respeto por el alimento, la conexión con la tierra.
Me hubiese gustado asistir a la inauguración (31 de octubre de 2004) de ese proyecto político cultural, interdisciplinario, que supera las etiquetas y los "ismos" que nos dividen. Se construyó desde abajo, totalmente autogestionado, organizado sin fines de lucro, como forma de volver a la cocina social. Participaron 16 grupos no solo anarquistas, sino por afinidad, en la comisión impulsora del proyecto, y 6 emprendimientos agricolas que proveyeron los alimentos, elementos de cocina, lugar de reunión. "Zero in condotta" publicó un libro muy inter esante con las recetas, las historias, que trataré de traducir apenas disponga de tiempo. Merece ser divulgado y... contagiarse. (risa)
ANA > Te pusiste en contacto con otras experiencias de relaciones de resistencia agroecológica, o grupos autogestionarios de consumo en Europa?
Alicia < Hay varias experiencias diseminadas por Europa, no pude ir a conocerlas, pero me fui encontrando con compañeros que estuvieron o estaban en algún proyecto u organizándose para empezarlo en lo inmediato. Me quedé con ganas de ir a Urupia, pero tuve la fortuna de estar en Libera en Módena, La Torchiera en Milán. En Italia especialmente, la tradición de autogestionar sus propios alimentos está muy arraigada. Forma parte de su cultura reunirse a hacer el aceite de oliva, el vino, la salsa de tomate, en familia o con amigos. Y los grupos autogestionarios trabajan sobre esos aspectos que aún perviven.
ANA > ¿Qué es "La Torchiera"?
Alicia < Es un espacio autogestionado muy activo en la periferia de Milán. Allí funciona un bar, restorán, espacio de debate, música, exposiciones. Todos los años, en el mes de julio, se realiza "Julio Libertario". Son tres días de encuentro de los libertarios y abierto al público. Los alimentos, publicaciones, se hace por autogestión, también.
ANA > ¿Piensas que la ecología sigue siendo considerado un tema "secundario" por los colectivos y organizaciones anarquistas en América Latina? Si miramos el "mapa libertario"en nuestro continente, observamos que, en realidad, no hay grupos de "anarquistas verdes" organizados, sino básicamente personas preocupadas por ese tema, en la lucha...
Alicia < No sé si secundario... diría que no ven la conexión con la anarquía.
Observo mucha resistencia a tratar el tema. Resulta muy difícil correrse del lugar desde donde pensamos, del lugar seguro de la "verdad" conocida... y ésa justamente es la trampa que nos tiende la dominación.
En la Argentina, los movimientos ecologistas empezaron a surgir con fuerza entre los vecinos afectados por un problema ambiental, de contaminación, ante el hecho concreto -tarde muchas veces- y el movimiento asambleario a partir de diciembre 2001, sirvió de contagio al resto del país.
Quizás las individualidades anarquistas preocupadas por el tema, y comprometidas en la lucha ecológica, debamos reflexionar junta/os e intentar hacer evidente el nexo entre anarquía y ecología. Los "anarquistas verdes"-no me gustan las etiquetas, la uso solo para poder aclarar al lector- est amos con nuestros vecinos, pero prácticamente sin contacto entre nosotros.
El nexo entre anarquía y ecología lo veo en la biodiversidad. En un ecosistema se da una relación armónica, solidaria,en la que todas las especies y elementos son indispensables. A su vez, la existencia de ese ecosistema es posible porque existe otro con otras características, y así sucesivamente. Es la interrelación que propicia la vida. ¡Es maravilloso! En la anarquía son necesarias todas las personas, todas las voces, con sus saberes, experiencias, sentimientos y miedos. Si, miedos, dudas.
Observo pudor en comunicar nuestras dudas, temores, miedos, a nuestros compañera/os; y eso es un error porque justamente son indicadores de que algo no anda bien, su discusión nos fortalecería, me parece. Colectivamente superaríamos al autoritario que toda/os llevamos en nosotra/os misma/os -de otra manera no podríamos reconocer el autoritarismo que nos rodea- Uf! y da un trabajo impedir que crezca! (risas)
ANA > Un ecologista, un anarquista... debería ser más consciente, o sensible para comprender la "fantástica simplicidad" de la vida? A veces observo que muchos anarquistas son conscientes, pero incapaces de sentir y percibir esa fuerza de la simplicidad. No sé... (risas)
Alicia < No sé Moésio. "Cada uno es como su madre lo parió" decía mi bisabuela india. (risas) Somos nada más que humano/as y, querramos o no, anarquistas y/o ecologistas llevamos y cumplimos mandatos inconscientes de la cultura en la que crecimos o vivimos. Identificar y reconocerlos en nuestra propia persona, en nuestros actos, es una tarea harto difícil; desobedecerlos más aún, porque significa exclusión de la familia, amigos, grupo o colectivo- inclusive anarquista. Desobediencia significa soledad. Vivir sencillamente en armonía con los ciclos naturales, se hace cada vez más difícil. Los pueblos que se atreven a defender esa simplicidad sufren represión brutal inclusive por parte del Estado, como ocurre a lo largo de la cordillera de lo s Andes y en diferentes puntos del planeta, también dentro de los llamados países del primer mundo. Pero merece hacerse el esfuerzo, la fuerza de la simplicidad es enorme, gratificante.
ANA > Hablando de simplicidad, ¿en tus andanzas por Europa observaste mayor brutalidad en los pueblos blancos, instruidos y llamados civilizados? ¿Sería absurdo para un anarquista gritar "liberémonos de los pueblos civilizados de Europa? (risas)
Alicia < Me llamó la atención y me conmocionó la desconexión con la Naturaleza, su maltrato. Arboles mutilados -me pregunto de dónde viene esa costumbre de podar árboles. Muebles de madera maciza en la basura! Esa madera proviene de un árbol al que le llevó su tiempo y esfuerzo crecer, consumió agua, etc. Cientos de imágenes de destrucción vienen a mi mente. El aumento del consumo de alimentos industrializados; el desperdicio en envoltorios -packaging le dicen- y de materia prima: cuero, madera, alimentos en cantidades enormes; el aplanamiento de montañas para construir carreteras, o llevar las piedras y mármoles para satisfacer el ego del que paga; la manipulación de la Naturaleza y del cuerpo humano. La discriminación, los controles, todo videovigilado, es alucinante; por momentos me parecía estar viviendo"1984" de Orwell o el film "Brazil" de Terry Gilliam. La historia europea es una sucesión de guerras, el nivel y calidad de brutalidad es diferente del que sufrimos en esta
región del mundo.
No es el color de la piel, ni una región del mundo, sino el pensamiento, Moésio. Yo gritaría "¡liberémonos del antropocentrismo!" " ¡Seamos indios blancos!" "Recuperemos la poesía!" Afinemos nuestro cuerpo como órgano de percepción. Poesía entendida como momento de sinceridad, de ingenuidad que nos permite ser.
ANA > A lo largo de la entrevista, te refieres con frecuencia al cuerpo, y el cuerpo es más o menos 80% agua. Y luego hablas de miedos, de deseos. En fin ¿el cuerpo habla? (risas)
Alicia < Sí, nuestro cuerpo es aproximadamente 80% agua, por eso no debemos dejar en manos de otros parte tan importante de nuestra propia vida. Y debo confesarlo Moésio: soy acaparadora de agua, porque no soy piel y huesos. (risas)
El cuerpo, nuestro cuerpo es todo un tema. Es territorio de batallas científicas, políticas, religiosas. Se lo tortura, "desaparece" desconoce, manipula, usa, se lo transforma en objeto de consumo. Algunas culturas cubren totalmente al cuerpo de la mujer; allí está el miedo del varón ante su propio deseo.
Nuestro cuerpo es una complejidad maravillosa, un órgano de percepción, conocimiento, comunicación, y goce. La desconexión con la naturaleza; considerar enfermedad, lo que en realidad es una función natural o de autodefensa, han ido atrofiando la sensibilidad y el saber reconocer qué nos pasa. Para todo se imponen medidores: temperatura, hora, polen, si va a llover, o nevar. Para la vida diaria no lo son, no lo eran.
La mayoría de los que viven en las grandes y contaminadas ciudades, tiene desajustado su reloj biológico, atrofiada la capacidad sensorial. Como a los pollos, los tienen iluminados día y noche para que consuman. Y si se va a un hospital de una gran ciudad de "primer mundo", el médico sentado frente a la pantalla de la computadora, saluda como trámite, e ingresa los datos personales, síntomas, pulsa un botón, saca la hoja de la impresora, firma y deriva al especialista. Y con el especialista ocurre lo mismo. Ni siquiera hay contacto visual con la persona, una palabra; no tienen tiempo. ¡Son autómatas! ¿Qué vida es ésa, la del médico y la de la persona que acude a su consejo? Al cuerpo se lo considera maquinaria y no parte de una persona. A esa desconexión me refiero también.
ANA > Realmente el cuerpo es un misterio, principalmente el de las mujeres. Son las mujeres las únicas que chorrean "agua roja"! En ese contexto, ¿cómo interpretas la frase de Raymond Aron: "La totalidad de las causas que determinan la totalidad de los efectos supera la comprensión humana"?
Alicia < Pese al avance de las ciencias, el cuerpo sigue siendo un misterio, no solo el de la mujer. La vida es un misterio. La muerte es un misterio. Se podrá manipular genéticamente, hacer fertilización asistida, ser cuidado por robots, chatear por Internet, pero el ambiente que se genera con la presencia y/o el contacto de los cuerpos es insustituible. Una mano en un hombro en un momento de dolor, alivia mucho más que cualquier medicamento. No es lo mismo escuchar música in vivo, que mirar un concierto por televisión, o escucharlo en un equipo de música. Esta conversación virtual, tendría otra magia si estuviésemos charlando cara a cara. Sí, hay causas que superan la comprensión humana, o quizás la de nuestra cultura. Realmente es un misterio y prefiero poner el cuerpo. (risas)
ANA > ¿En qué etapa está el proyecto de construcción del "centro de salud autogestionaria"? En Europa estuviste cambiando figuritas (informaciones) con lo/as compañero/as de la red "Sumendi"?
Alicia < Ya se formó un grupo estable para impulsar una red de salud autogestionaria. Se decidió que no sea centro, sino trabajar en forma horizontal descentralizada, cada grupo de afinidad en su lugar, ser una especie de transgénico de cucaracha y lombriz, cucaracha porque muta para adaptarse al momento, y lombriz porque cada parte tiene vida propia (como funciona una red en el Uruguay, pero no de salud). Se redactó un manifiesto que sirve de base. Los compañeros de Sumendi, nos apoyan con los materiales y la red que ya está organizada en España, compañeros de Francia nos han enviado bibliografía y hasta medicamentos homeopáticos, en Italia y en Bélgica también me encontré con personas que tienen la misma inquietud. La idea es que cada uno, trate de autogestionar su propia salud, y compartir experiencias y ayuda mutua. Es largo de contar.
ANA > Hace un tiempo me presentaste un escultor francés que iba a hacer una exposición, y confieso que quedé extasiado con la foto de la escultura del folleto de divulgación, esa imagen de peces, movimienot de las mareas, senos, piernas... explotando de un rostro. Cuenta algo respecto de este artista... (risas)
Alicia < ¡Para eso es el arte Moésio! ¡Quedaste extasiado inclusive sin presencia humana, solo con la imagen! (risas) Se trata de Reinaldo, un escultor argentino, que vive en París en una comunidad de artistas. Se fue, o tuvo que irse, en los años 70. Sus obras están cargadas de metáforas, humor, y realizados con mucho oficio. En la librería Público, en París, se exhiben obras de él.
ANA > Alicia, tengo otras preguntas, pero la entrevista ya es muy extensa, dejaremos aquí. Algunas puertas se han abierto con tus respuestas, permitamos que las personas, entren, pregunten, se pregunten... Eso es todo, gracias por la entrevista, deja un mensaje para quien llegó hasta aquí... (risas)
Alicia < Espero que entren, pregunten, se pregunten y no se vayan a los portazos. (risas) Gracias y los espero en la vida.

Alicia Zárate: zaratea2002@yahoo.com.ar
agência de notícias anarquistas-ana

Agua de pozo:
el niño baja el balde,
sube una estrella.
María Santamarina

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