andrea cotti
Andrea Cotti "Il cinese" (Rizzoli Libri, 2018)
C’è un nuovo personaggio nella vasta realtà della letteratura poliziesca nazionale. E’ nato in Italia da genitori cinesi. Si sente quindi italiano e cinese allo stesso tempo, vivendo una condizione multiculturale che particolarmente oggi deve confrontarsi con un contesto ambiguo. E’ Luca Wu, vicequestore aggiunto presso un commissariato di Roma Est. L’ autore, Andrea Cotti, scrittore e sceneggiatore, è stato agli inizi del suo percorso letterario poeta significativo. Il suo ritmo di scrittura, dunque, sente il bisogno di una partitura che sappia porsi sulla pagina attraverso l’espressione essenziale, a volte fulminea, ma anche imprevista, originale. Risultato difficile da ottenere quando ci si confronta con la necessità di costruire un telaio narrativo d’azione, leggibile e calibrato su tempi che devono rispettare una precisa tipologia di genere e di ricezione. La struttura diviene oggetto da disegnare calibrandosi su specifici equilibri. In un suo testo poetico Andrea Cotti aveva scritto : “Non è poca la fede/ credimi, nel gesto consueto/ nell’onesto lucore dello sguardo”. Anche nella sua narrativa il senso etico lo porta a muso duro verso la cronaca, quella che ferisce. Il fatto determina la specificità. La mafia cinese abitualmente non uccide affinché non siano ostacolati i suoi affari. Qui invece succede...perciò qualcosa di anomalo e di grave deve averlo provocato. La sensibilità intensa emerge dietro alle pieghe di una elaborazione chirurgica sugli intrecci che obbligano la nostra inquietudine. La strada di una città, di un quartiere è arteria esposta alla conflittualità piantata sui ruvidi pali degli interessi economici. “Se almeno la sera raddolcisse/ lo sfinimento della luce” dicevano ancora due suoi versi. E la sera romana dispiega gli eventi ma, nello stesso tempo, li copre. La rapida scrittura ritmica è in prima persona, rendendo il protagonista un io narrante che si confronta con una nuova realtà veicolante tensioni, derive, paure, disagi, crimini, all’interno di una società veloce nei mutamenti e sorda ai bisogni più profondi; affondata nei grovigli di una palude nella quale sembra assente il più intimo senso umanistico e dove troneggiano tecnica e profitto, oltre ogni confine di liceità. La pagina è totalmente costruita sull’azione, quasi a favorire già una possibile trasposizione cinematografica, dettagliando una immediatezza visiva. Andrea Cotti dimostra, in questo lavoro, una conoscenza approfondita del mondo rappresentato dalle comunità cinesi in Italia, e particolarmente da quella ampia e complessa radicata nella capitale. Inoltre, non secondario, l’elemento di rigore fisico proprio delle arti marziali sviluppa una componente implicita nella personalità del protagonista, estremamente “raccolto”, quasi chiuso all’interno di un profilo psicologico che intende esprimere le difficoltà insite nella convivenza di diversi tracciati culturali non facilmente armonizzabili in una sola identità. Il confronto è con le paure più radicate e gli orrori che espongono l’emersione delle derive, quelle tragiche e devastanti. In un percorso di scatole cinesi che amplificano la tenuta della vicenda, sembra che l’autore voglia combattere con gli aspetti più profondi delle pulsioni e le contraddizioni che sempre caratterizzano anche gli eventi più indicibili; l’aggrapparsi ai rapporti, o meglio alle loro interpretazioni, come fossero scialuppe di salvataggio in un oceano di smarrimento nel quale la coscienza deve affrontare le sue sfide più vulnerabili. In fondo, il reticolo delle combinazioni che sviluppano la mappa della trama stessa esprime la necessità di esorcizzare la parte negativa che abita l’umano, sapendo di poter contare su di un altro lato, quello luminoso e salvifico. Bene dice un proverbio citato ad epigrafe nell’epilogo: “Ciò che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla”. L’autore, in questo libro, si preoccupa innanzitutto di precisare l’impianto stesso e la complessità di una indagine articolata dal punto di vista tecnico, soffermandosi sulle pratiche specifiche delle forze di polizia, sui metodi scientifici e operativi utilizzati, sulle procedure inquirenti. Da certi particolari emerge però un sentire, un cuore tipico della terra d’origine di Andrea Cotti, l’Emilia...quella Emilia sua e di chi scrive questa nota (nonché luogo di nascita del protagonista stesso) che ci mantiene legati a sé anche nella distanza perché esprime un’appartenenza non solo geografica ma intima, visceralmente modulata su di un certo sentire gli effetti anche imprevisti. E’, diceva Pier Paolo Preti, come il legame con un monumento della propria città...”il tuo essere di qualcuno, comunque”.