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DEREK WALCOTT "EGRETTE BIANCHE" (ADELPHI EDIZIONI, 2015)

C'è qualcosa che accende e riaccende, rianima i peripli instabili e li coniuga, li trasforma, li ricostruisce; dalla parvenza in diagonale li consacra ad una simmetria perfetta. E' un dono la poesia di Derek Walcott che leggiamo in "Egrette bianche" (Adelphi, 2015). L'Omero dei Caraibi parte proprio dalle egrette, questi uccelli simili agli aironi che muovono tracce performanti. Iosif Brodskij, giustamente, paragonava i versi dell'amico alle onde di marea, a frangenti che montano... e molto di ciò riesce a passare anche nella traduzione italiana curata da Matteo Campagnoli. Le egrette sono i rimpianti scoloriti, le strofe mai scritte. Ma il verso, quello presente, è davvero ricco, lussureggiante, colmo di rimandi e approdante a iterazioni a flusso che non si accontentano del canonico ripetere ma conducono a mutazioni cromatiche, a derive composite e composte in una partitura di ampio respiro fonetico. Versi lunghi a frequenti rime alternate per declamare una storia e un'epopea, un evocare la quotidianità nel colore intenso delle parole che ci catturano come ami di una pesca caraibica, "e le palme ondeggiano alla musica del tempo". I componimenti denotano una volontà di affabulazione che contempla elegia rapsodica e narrazione epica; si accende l'osservazione critica, lucida e puntuale nella elencazione dinamica. E' stato anche severo Walcott nel suo scrivere, così come nella postura, per richiedere una ricezione mai distratta, un ascolto consapevole. E' maestro di tonalità che non indugiano, di eticità che non simulano. La durezza della battaglia può risolversi in un canto d'uccelli... ed è il nostro conflitto interiore e notturno che attende l'avvento del giorno per redimere i consueti assalti e le inascoltate assenze. Di più soggiace l'eremo causale che denota il mirabile dei fenomeni e li interpreta nella pluralità densa ed evocativa degli svolgenti temi civili, in una compattezza perdurante attraverso le cromie rispettose delle testimonianze erili ma proprio per questo anche contestabili, nella messa in discussione di un potere supposto oltre le ammissibilità dei rapporti. Il ritmo giace e acconsente, dirama e incunea la forza primigenia dei sostenuti arpeggi linguistici che ospitano innesti adulti, tali da muovere e animare in proporzionata fluttuazione i marosi del tessuto lessicale. Tutto si accende in colore e in movimento, così come grida, carichi, uomini e barili, merci, nodi e cinghie nel frastuono dei porti, in alternanze di rime che fonetizzano colpi e sbronze che i marinai conoscono, così come luci e ombre del mattino, albe e tramonti, domande delle egrette e risposte della notte. La struttura poematica degli stessi testi dove i versi si allungano creando poi una compattezza visiva sollecitante la narrazione, induce a considerare l'esatta portata semantica della costruzione che Walcott impone alla pagina, dove lo spazio si ritira affinché il disegno dell'impianto linguistico mostri la sua reale e corposa prestanza. E la natura delle Antille, gli eventi, la scrittura, gli amici scomparsi fanno parte integrante e costitutiva di un affresco dove il canto delle parole è pedagogia della memoria e volontà di osservare il senso che unisce le cose. L'episodio passato non è però solo nostalgico, ma presupposto fondamentale su cui costruire il significato di una civiltà che sappia allontanare le derive tragiche delle eredità lasciateci da una storia che solo riappropriandosi dell'umano integrato agli elementi potrà avvalersi di una opzione ulteriore. Tutto è stato detto ma tutto si può ancora dire in modo nuovo, perché "l'ideale perpetuo è lo stupore"; anche quando la speranza sembra cedere alle aggressioni dell'uomo contemporaneo, nel caso emblematico delle acacie che vengono sacrificate alla costruzione selvaggia di alberghi lussuosi e centri commerciali. L'Italia è evocata in più punti, ad esempio nei colori e sapori di Sicilia, nel riferimento alla santa che ha dato il nome alla sua isola natia, Lucia; poi cogliamo i sensi di amori desiderati e non vissuti o persi, "il fragore di una mitraglia di tacchi" che dipinge l'Andalusia, oppure Londra, New York, Amsterdam, Barcellona e molti altri luoghi, tenendo conto che, forse, "non siamo mai dove siamo, ma altrove". Ancora il tema della prospettiva rintracciabile in eventi epocali e collettivi come l'elezione di Barack Obama, primo presidente afroamericano degli Stati Uniti. E' desiderio civico di narrare in poesia, quindi, la vocazione autentica di Derek Walcott, nella formula epica dell'impegno che si fa testimonianza attestante il senso di tempo utile a fare dell'operato dell'autore il compito foscoliano di raccogliere le voci e tramandarle "... cedro, cipresso e olmo/ parlavano un'unica lingua, i fogli di un libro fidato/ aperto in estate...".




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