italo testa
ITALO TESTA "TUTTO ACCADE OVUNQUE" (NINO ARAGNO EDITORE, 2016)
Forse l’evento si trasforma in sosta o la sosta corregge la viandanza che osa proporsi estrema. Tutto può accadere simultaneamente e ciò non esclude la stessa cosa o la stessa funzione, tentando di scardinare il principio di non contraddizione. Italo Testa, uno dei più interessanti poeti italiani della generazione nata nei primi anni Settanta, in questo suo lavoro, “Tutto accade ovunque”, pone da subito la pagina, il bianco e lo spazio della pagina, al servizio del verso che inaugura il passo in quartine. Lo sforzo di visione induce ad un impegno di riflessione concisa nell’abitabilità di una figurazione a dimora. Il ritorno dell’accadere è una ritmica condizione in cui si disegnano iterazioni e rimandi, attraverso un intrecciarsi e un sostituirsi di ruoli reiterati dove muta l’involucro ma non il ruolo, una catena deterge ed essenzializza la fase concentrata nella minima dicitura che si fa spazio dell’evento umile. Una reazione in odore di assetto, oltre l’effetto domino, con evidente il porsi la consapevolezza dell’enigma temporale in cui qualcosa sfugge. Contingenze attive e passive si alternano nella chiarezza di uno spazio esteso al di là del punto osservabile. Interscambi si originano dall’intrecciarsi di reazioni che pongono soggetti ed oggetti sul piano di una imprevista responsabilità di funzione, accolta nella prossimità dell’usuale, quando però s’insinua il sospetto esigente nella visibilità esposta: “anche oggi ho visto qualcosa/ un movimento sottovento”. Subentra poi una fredda raffigurazione a versi asimmetrici, coniugati in spazialità irregolari e accostabili da una conduzione in diagonale, pausata e detersa. Convivono il microcosmo delle particelle e il macrocosmo degli ambienti dilatati a riproduzione seriale attraverso lo spunto che proviene dai confini abitabili, per questo idonei alla introspezione. Occorrono voluttà prospettiche per affacciarsi al reciproco intento che determina sfumature e deduzioni cromatiche nell’intarsio dei segnali prodotti come collocati in una spazialità domestica: “il grigioazzurro pulsa/ in fondo al corridoio”. Si apre poi la sezione “ i camminatori”, un resoconto urbano di movimenti in accelerazione verbale di una struttura poetica coniugata nel verticalismo di versi brevi, ancorati al progetto dell’osservazione contigua, dove si mostra una rivisitazione di oggetti semplici alternati a condizioni fissate nella essenzialità di profili diurni e notturni evocanti stati che comportano sintomi di estraneità e meccanicità inquietanti, nell’apparente casualità di moto che si fa causa e diviene quasi condizione esistenziale perenne. Il testo si conclude con la costruzione di un evento linguistico scandito in brani di prosa creativa o poetica dove la confessione in prima persona si snoda in una diretta e singolare concatenazione di ruolo a flusso, in una cornice dalla quale emerge un effetto incombente di dramma.