Jean Flaminien
Jean Flaminien "L'altra terra" (Book Editore, 2018)
Poeta francese d’origine guascona, attualmente residente in Spagna, Jean Flaminien è voce che proviene dalla quiete della contemplazione, attraverso la capacità di filtrare le delicatezze della natura a confronto con l’insensibilità dell’uomo contemporaneo. I versi de “L’altra terra”, tradotti in italiano con grande perizia tecnica da Marica Larocchi, conducono preziosi e distillati alla fonte di una rivelazione accostata alla primigenia sostanzialità dell’identità astante. L’emozione subisce una percettività scintillante a cadenza, governata dai vocaboli propri dell’essenza ramificata nei pertugi e nelle spazialità tendenti ad un superamento del dato fisico verso un’acquisizione metafisica. Ma tutto procede in un processo di rarefazione custodita, concessa solo in accenni sospesi e meditati, quali ritmi efficienti di una partitura aristocratica e appartata. L’emissione dei silenzi è matrice maieutica di un’attesa dilatata verso le origini arcaiche, contemplando in sospeso sussurro verbale le accostate liturgie delle scansioni vegetali. Per Flaminien la poesia, ebbrezza ed ascesi, assapora l’eterno che è in noi. Da degustare il passaggio dell’elemento sostanziale quale centro di riferimento per gli attributi categoriali... “Quel ronzio d’api che dal silenzio sale,/ cosa unica/ dispiegata, ripiegata/ cosa unica,/ vuole riconquistare la propria sostanza/ senza distanza né frattura”. Un flusso eracliteo si confronta e oppone ad una parmenidea eternità dell’essere; si giunge poi ad un punto di contatto (come aveva visto Heidegger) nell’espressione comune della non latenza dell’essere, quindi della sua manifestazione. Ogni virgulto espressivo combacia con una pratica dell’accenno e del sussurro capaci di abitare il silenzio, ponendosi sulla pagina in una raffigurazione a brevi strofe veleggianti nelle tonalità delicate della meditazione estetica. Disciplina che è raggiungimento di equilibrio conoscitivo, attraverso il baluginio delle appropriate nitidezze assunte a fecondazioni embrionali determinanti l’accostamento cromatico. Uno svelarsi che è partecipazione all’idea, dove il tracciato sensibile pervade la ricezione in una continuità dissolvente, quando davvero “Nul ne se sépare/ de la forme aimée de la vie” (“Non ci si separa/ dalla forma amata della vita”). Una radice di simboli accasa e delimita terra e cielo, nella compatibile attesa di una presa d’atto della maturità del centro a cui tendere in declinazione sillabata. Jean Flaminien è poeta di essenziale eleganza, capace di calibrare attentamente le voci effuse da un esserci in cui il nitore del mattino inaugura un richiamo alla coscienza poiché solo l’attenzione, e ancor di più l’attenzione poetica, può redimere i fiotti aggressivi delle negazioni...”Esistere/ anelito d’assoluto, di purezza,/ di permanente poesia-linfa,/ d’alterità e tenerezza”.