luciano cecchinel
Luciano Cecchinel
“Da sponda a sponda” (Arcipelago
itaca Edizioni, 2019)
Gli Stati Uniti d’America come luogo a cui
rapportarsi dall’Italia, nelle articolate vicende di emigrazione che hanno
caratterizzato la nostra storia. Luciano Cecchinel, in questo suo esito di
poesia “Da sponda a sponda”, rivisita il dialettico rapporto con il paese che
ha dato ospitalità a parte della famiglia materna e dove è nata e ha trascorso
l’infanzia la madre. L’esperienza, in seguito avvenuta, di visita delle terre
statunitensi da parte del poeta, concede uno spettro di emozioni che sviluppano
sentimenti alterni; da una iniziale componente nostalgica ad una successiva
disillusione e relativo distacco. Cecchinel esprime efficacemente il
riaffiorare delle immagini registrate e interpretate nella calibratura dei
versi: “Muskingum River/ acqua pigra e melmosa/ la ruota del battello/ le pale
sbrodolanti/ bocca mostruosa di ingordigia”. Qui il sogno americano è
trascinato a terra, nella polvere e nella sofferenza vissuta dai migranti; da
chi in quei luoghi cercava uno spazio di sopravvivenza, di riscatto, lungo i
territori dell’Ohio, del Midwest, come a New York o nel New Jersey. La successione
delle strade abita il quadro riprodotto di uno sviluppo dei segnali che
determinano il tracciato della mappa nella rivisitazione aperta oltre
l’iterazione del profilo di riferimento anche quando il verso trova nel suo
sviluppo orizzontale l’estensione narrante: “le farms che corrono lungo una
collina e ai piedi della collina sterpi/ e poi colline a perdizione boschi
radure cespugli quasi un paradiso”. Sembra un lamento antico in odore di tono
biblico, evocante esodi ma anche un “melting pot”, un crogiolo di culture che
spesso si ritrovano a convivere nella difficoltà dei rapporti. Si susseguono
spunti tratti dalle vastità raccolte e determinate dagli influssi di una
ricezione che evoca la partitura di un Whitman; tende a ridisegnare le durezze
abbinate agli strati rocciosi, alle vibrazioni operose che conducono attraverso
le successioni innescate dalle voci disperse. Nella seconda parte del libro lo
scenario si sposta presso Revine-Lago, paese in provincia di Treviso, luogo di
nascita dell’autore. Qui è analizzato anche il senso di sofferenza espresso
dalla madre Annie che, nata e cresciuta in terra americana, aveva poi
dolorosamente dovuto lasciarla per rientrare in Italia. Il rapporto con le
proprie radici comporta quindi differenze e stati d’animo relativi alle
personali, mai ripetibili, sensazioni accelerate dalle vicissitudini subite e
riaffiorate nella visitazione intima, come tratto indicante l’evidenza del
percorso collegato alla esegesi dei luoghi. Anche il ricordo di soldati
americani di stanza presso una base veneta e poi inviati a combattere nella
guerra del Vietnam, conduce Cecchinel ad esprimere strofe che si rispecchiano
in segnali traccianti le contaminazioni culturali che diventano riconoscimento
di sentimenti comuni. I segni topografici racchiudono segnali di memorie, dove
il testo è profondamente innestato nelle vicende familiari del poeta.
L’asperità dei recuperi dilata travagli, gli spessori inesausti dove arde la
domanda primaria frammentata e dispersa fra le proponenti attese dimentiche
della possibilità di un conforto. L’ora insinua l’attenzione alle relazioni,
alle opportunità mancate, oltre l’evidenza dei tributi offerti alla storia
personale calcata nella contingente faticosa immanenza. Il luogo diviene quindi
correlativo fonetico, concreto nella sua leggibilità visiva. Un’ermeneutica del
bisogno infrange ogni proposizione asettica e nutre invece la carnalità delle
emozioni così come l’acuta critica disincantata e amara. La terza parte del
volume sviluppa una poesia a tutta pagina, una forma di lungo “talking blues”
dove un intreccio linguistico di italiano/inglese evoca molti spunti e
riferimenti alla cultura americana nella tonalità musicale che rimanda al tono
country, così come allo slang italoamericano, ai ritmi dello spiritual e alle
espressioni del blues, jazz e delle voci di una componente tipica del folk
singer. Ma anche spunti drammatici che si soffermano sulle atrocità del
conflitto in Vietnam o sulle ingiustizie delle discriminazioni razziali. La
corporatura compatta delle strofe si trasforma in successione di poemetti dove
il tema dei rapporti famigliari, le sofferenze della lontananza si intrecciano
con le tonalità amare delle solitudini, profonde anche nello scenario variegato
della cosiddetta terra delle libertà: “perché sommesse hanno ansimato per le
loro foglie di nuovi alberi/ tristezze di spossatezza e nostalgia e sussurrato
ossessi uccelli le/ cantilene di nazioni straniere non più devono piangere
quegli/ occhi di una perduta età”. Davvero allora, nella complessità policroma
di un sundown medley (letteralmente miscuglio del tramonto) Luciano Cecchinel
si chiede “ quale quale il
senso? vero falso celato?”
attraverso la vasta proporzione di un affresco che include lunghe citazioni e
non elude mai i contrasti e le contraddizioni su di uno sfondo disegnato da “la
terra sassosa gialla rossa bruciata along the Navajo Trail il filo d’acqua/ sul
fondo del canyon baracche con le cisterne per la pioggia...”.