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mariano baino

Mariano Bàino "Prova d'inchiostro e altri sonetti" (Nino Aragno Editore, 2017)
 
   
Non c’è prova di sonetto più   felicitante che scorrere gli assalti ironici e civili capaci di esprimere   l’evoluto approccio verso poesie che nella perizia di una forma non   definibile a “versi liberi” (e Brodskij si chiedeva “liberi da cosa?”) ma   declamante una metrica certo volutamente non sempre ortodossa, coinvolgono la   ritmica prestanza raffigurante una micidiale compattatrice, il testamento   biologico, una seduzione alla Holderlin, il secondo mandato di Bush jr., il   mercato, il pessimismo di Raboni, la pittura di Hopper, effluvi fruttati,   derive d’antimateria. E’ “Prova d’inchiostro e altri sonetti” di Mariano   Bàino, poeta e prosatore tra i più significativi della sua generazione nata   nei primi anni Cinquanta e membro di quello che è stato, agli inizi degli   anni Novanta del secolo scorso, il Gruppo 93. Scrittura davvero acrobatica,   come efficacemente dice Andrea Cortellessa nella quarta di copertina, in una   silloge di sessanta testi in quattro serie. Al di là delle varie posizioni   circa l’utilizzo della definizione metrica, il sonetto in quanto tale, o la   sua rivisitazione, è stato oggetto di particolare attenzione da parte di nomi   primari nel percorso poetico del Novecento, dallo stesso Raboni alla interpretazione   ironica di Sanguineti. A quella metrica chiusa avevano aderito, in   determinati esempi, Caproni e Pasolini, tra gli altri, nonché Franco Fortini   che nella poesia “Sonetto” di “Foglio di via”, la sua prima raccolta del   1946, scriveva “Sempre dunque così gemeranno le porte/ Divaricate in   pianto...”. Nel volume di Mariano Bàino la fissità si espande in una   propedeutica inclusiva della scrittura vista anche nella sua veste, dice   l’autore, graficopittorica, in relazione a spunti relazionabili alle arti   visive. Una conduzione si sviluppa fra terzine e quartine, in sonetti che   alternano anche forme speculari ed evocano rarità lessicali e demiurgici   intarsi attraverso una tessitura che vuole riconoscersi armata d’ironia   ludica ma amara. Tale operazione letteraria non è priva di rischi e richiede   per imporsi nel risultato testuale una padronanza e, nello stesso tempo, una   leggerezza che devono convergere sulla sensibilità di un effetto fonetico non   gratuito ma sostenuto dalla compattezza del dettato semantico. E sono le   ricezioni materiose a farsi icastiche decifrazioni notturne di sostanze e   umori, correlativi di esclusioni e militanze periferiche o degradate dove “   il vento/ folate fredde in mezzo alla sfasciume,/ fa volteggiare un po’ di   cartastraccia/ fra le baracche sul greto del fiume”. L’espressione in alcuni   esempi si fa dura ma, al di là della possibile condivisione o meno di   determinati contenuti, la perizia scolpisce un’impalcatura stilistica   innegabilmente riuscita che sottolinea vorace confidenza con l’innesto   proprio del fraseggio poetico nei passaggi come negli iati. Quasi la   possibilità d’intercedere con frazioni di diagonale incursione quale   mutamento delle onde sonore a profitto di resa condensata in nuclei edificati   attraverso un dettato ecoico. Anche l’amore è pericolosamente in bilico tra   “fiore e fregatura”, l’attesa incombe solo come domanda prevenuta e forse già   disillusa. Nella sezione che vede i sonetti collegarsi allo spunto portato da   sculture, installazioni, opere riconducibili alle arti visive, l’autore   compone una relazione, si addentra negli usi delle fonti scelte come istinti   riducibili a disegni interiori, forme irregolari e scorze mutevoli, rimandi   al jazz e a strumenti musicali che compongono orme ed effetti di respiro nella   persistente tonalità ironica. S’accavallano episodi di discendente notazione   infissa tra cose, elementi, sfavillii, luci, nomi di poeti, angeli dipinti,   “parti di tempo scivolate via/ i tanti ieri, e un adesso, che colano/ come   anguille di pioggia a un crocevia”. Non mancano onomatopee e tracciati   estensivi come nell’ipersonetto conclusivo che dipinge un carnevale   veneziano.
  
  
                                                   
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