nicola romano - eneabiumi

Vai ai contenuti

nicola romano

Nicola Romano "D'un continuo trambusto" (Passigli Editori, 2018)
 

“D’un continuo trambusto”...quasi ci   stupisce l’utilizzo, da parte di Nicola Romano, di quest’ultimo termine per   la sua vicinanza, forse, a qualcosa di specificamente prosaico e dimesso...ma   ricercando la matrice linguistica, ne scopriamo l’origine nell’antico   provenzale “tabust”: chiasso. Un’agitazione rumorosa, quindi, una confusione,   un tumulto esteso dalla precisazione temporale del continuo. Si dice che   Nicola Romano sia poeta del concreto, di forte profilo etico; così dai suoi   versi emerge il bisogno di conoscere, di giungere alla natura più intima   dell’esistenza, anche del vicino occasionale, nel confronto con gli stati   immediati della percezione. Sono le strade dell’osservazione e   dell’attenzione al minimo elemento, alla pluralità degli stimoli provocati da   un contesto che ammette condizioni di contemplazione ma anche di critica;   d’altra parte, scrive l’autore: “La mia realtà/ è un’utopia vagante/ che   sbatte contro i cardini del tempo”. Un muoversi con capacità acutizzata   d’ascolto e d’interpretazione alla luce di un neolirismo, che vede tra gli   esempi Paolo Ruffilli, bilanciato strutturalmente tra effusioni miti e   riprese condotte a richiamo nell’intervento di vocaboli anche più   propriamente letterari. Sembra che il tono voglia accogliere lo sguardo del   lettore, in un accompagnamento godibile ma che non esclude l’opportuno   appunto. La poesia di Romano si frequenta volentieri, con piacere sensitivo,   attraverso una fonetica lieve che accorda con perizia l’intervento primario   delle assonanze. E’ riscontrabile, in alcuni passi, un’eco leopardiana: “Su   questo poggio/ che affabile m’accoglie/ a sazietà mi nutro/ di lune piene/ e   tocchi di campana/ e dei silenzi/ sopra le colline”; così non manca neppure   una suggestione ungarettiana: “che scorre sulle basole del porto/ e si   disperde”. La ricezione del poeta s’incammina verso l’inestinguibile risorsa   che determina una capacità di filtraggio semantico, di raggiunto esito tale   da rendere il minimo segno tangibile preda di una finalità imprevista,   approdo ad una presa di coscienza che sa alternare sensibilità gioiosa e   accadimento che spaura. Le cromie additano composti passaggi nella rigorosa   gestazione che concede una tregua, un’evasione alle prime ombre della   sera...” cupa e insolvente va la mezza luce/ dentro i vicoli stretti e negli   androni/ su quegli amori tiepidi e assopiti”. E’ maturo questo esito di Nicola   Romano, poeta capace di spazievole tratteggio condensato in una   versificazione calibrata nel non nascondere una originaria fermezza d’animo,   “quel diaspro ond’ei l’alma ha sì dura” per dirla con Tasso, ma di una   durezza gentile che guarda alla salvezza dell’uomo.
  
Torna ai contenuti