riccardo olivieri
Riccardo Olivieri "A quale ritmo, per quale regnante" (Passigli Editori, 2017)
E’ con un fonetico svolgimento in assonanze e allitterazioni che si apre il libro di Riccardo Olivieri “A quale ritmo, per quale regnante”, con una presentazione di Giuseppe Conte. Una sonorità dedicata al dicibile di sentimenti molto intensi che coinvolgono gli affetti più cari, a cominciare dalla dedizione estrema nei confronti del figlio, nell’attenzione emotiva verso i suoi piccoli bisogni e le cadenze dell’infanzia. Così la natura s’identifica in sera odorosa, gravida di stimoli e venti ampi; in voli di passeri operai e confortanti gesti d’amici che diventano sacri. Quando l’osservazione è responsabilità di scolta, alare apertura di sensazione panica, giunge alla riscoperta dei punti di contatto tra le attese, le fedi, le rianimate speranze inesauste. Come questo sia anche un soffrire, come possa collegarsi con ambiti in cui sembrano essiccarsi i presupposti in meccanismi quasi meccanici, lo spiega il passaggio delle diverse sezioni che sottolinea come l’andare dei sensi coinvolga la pena e l’esonero, il ricordo e il progetto, la condizione che ammette la convivenza di perdono, riposo, rabbia, “paura-buio” e “necessario amore”, quello che Pasolini definiva “tutto il suo folle amore”. L’intarsio è vicinanza agli angoli dei luoghi, alle ammesse riflessioni concesse da cortili e angoli, da soffi notturni. da anfratti che hanno colto il rumore di molti passi. C’è un andare asimmetrico e diagonale, in alcuni casi, dei versi espressamente coniati in una partecipazione emotiva che non esclude un distacco dalla necessità di fare silenzio, di riflettere su ciò che la parola deve selezionare allontanando il rischio di una emissione precipitosa. Il tempo della scrittura di Olivieri è un tempo misurato, calibrato; espone il suo esito nella contenuta serietà della riservatezza. Ma, come testimonianza di vocazione, il tono comprende e ammette la dicitura tracciata nella precisione di un tessuto stilistico inerente al dettaglio correlato, alla incisione prospettica che consente l’entrata impetuosa, questa volta, anche del brano in una prosa musicale al ricordo della madre e di una complicità affettiva nella luce nitida delle estati liguri. In una ulteriore sezione, Riccardo Olivieri coglie stretti pertugi e piccoli scorci urbani da cui guardare nel modo che solo consente la domanda, al ritmo echeggiante di aperture in citazioni che, non a caso, implicano strofe di poeti come Giudici, Caproni, Sereni. Il percorso vuole esplicitare un dicibile che contenga l’ipotesi del frammentato attraverso l’incisione del vocabolo denudato al suo nocciolo linguistico, attraverso l’evocato sapore che può consolare o ferire, l’analisi dei gesti ripetuti nella nevrosi, le ansie e i sudori degli attacchi di panico...”Ecco ora/ mi verrà una poesia/ a forma di ginocchio in bocca,/ di dolore”. Nell’ultima parte, infine, il testo è testimone di un difficile rapporto con quella che è stata la figura paterna, a confronto con una sofferenza intensa e quasi “intoccabile”, dove solo l’approssimarsi ad una domanda concede il levare gravido delle possibili manifestazioni rimaste inespresse; tanto da far dire al poeta: “E’ tutta la vita che ti cerco in altri”.