roberto bolano - eneabiumi

Vai ai contenuti

roberto bolano

ROBERTO BOLAÑO "NOTTURNO CILENO" (ADELPHI EDIZIONI, 2016)

La poesia in sé stessa è semplicemente una tecnica di scrittura. Tecnica rigorosa e peculiare che si esprime nelle scelte relative ai criteri delle varie poetiche. Ma ci sono alcuni scrittori, rari, nei quali la narrativa sa esprimere poesia pur sviluppandosi in prosa. Non una prosa poetica o creativa, ma una vera e propria narrativa che ha però suono, ritmo, capacità di evocazione e suggestione proprie della poesia. E’ il caso di Roberto Bolaño nel suo ultimo testo pubblicato in vita “Notturno cileno”. Il vento che si percepisce insinuante nell’evolversi dello scritto, tra frasi brevi e passi lunghi che, in alcuni punti, si susseguono, accompagna il monologo ininterrotto dell’io narrante, nutrendosi di umori che parlano di uomini e inquietudini, di latrati e tremolii, di polline nei sentieri, di piazze e panorami, di uccelli neri capaci di esprimere suoni onomatopeici, di cavalli, ansie, timori, umidità insopportabili. E poi di prelibatezze culinarie, di Pablo Neruda con giacca di velluto e sciarpa che mormora parole alla luna. Di poesie e di balli come il tango, ma anche di storie infami. Di figure della letteratura poste in condizioni che annullano quasi le distanze e i tempi, da Dante a Junger; di pittori guatemaltechi confinati in mansarde parigine che dipingono il ricordo di albe su Città del Messico. In Bolaño l’inquieto è l’esito prodotto da correlativi oggettivi praticati in una visione a successione, dove le sinestesie e le iterazioni più raffinate e meno svelate adottano motivi interiori che coinvolgono asperità psicologiche e vocazioni etiche. Non c’è elemento distinguibile che non sia in sé meditazione intima e flusso magmatico con colorazione icastica. Ma l’immagine è sempre oltre, ulteriore, al di là della prevedibile definizione. E’ canto malinconico, struggente, inesorabile. La maestosità dell’araucaria convive con l’asprezza delle erbacce; la manualità dell’artigiano con il sacrificio degli eroi. E’ quasi una sacralità quella che avvolge le parole, anche le più concrete. La voce narrante è di un religioso membro dell’Opus Dei che in una notte d’agonia ricorda la sua vita. Il flusso narrativo si muove con la velocità dell’acqua e parla dei suoi percorsi in Europa per visitare chiese, di falchi predatori e di piccioni o colombe, dell’attività di critico letterario e insegnante di marxismo a Pinochet, di serate culturali e mondane in una grande villa che nascondeva sotterranei di tortura. La storia stessa, cruda e tragica, del Cile che si sussegue in una successione d’immagini affioranti da una coscienza in presa d’atto, nel momento estremo, del riconoscere una convivenza passiva con l’accadere, che ha assorbito in sé silenziosamente anche l’indicibile. “C’è soluzione a questo?”... è l’ultima, esplicita domanda che la voce narrante si pone.

Torna ai contenuti