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andrea rompianesi

Andrea Rompianesi

È nato nel 1963 a Modena e si è laureato in Filosofia presso L'Università di Bologna. Risiede,
attualmente, in provincia di Novara. Da anni impegnato come operatore culturale, nel 1998
ha fondato “Scruttura Creativa Edizioni”. La sua attività letteraria, iniziata nel 1979, ha ottenuto
numerosi e prestigiosi riscontri critici (fra gli altri, da: Luciano Anceschi,
Giorgio Bàrberi Squarotti, Mariella Bettarini, Domenico Cara, Raffaele Crovi, Giorgio Cusatelli,
Giò Ferri, Luigi Fontanella, Vincenzo Guarracino. Valerio Magrelli, Camillo Pennati,
Tiziano Rossi, Paolo Ruffilli, Massimo Scrignòli, Dorian Veruda, Ciro Vitiello, Cesare Vivaldi).
Dei suoi libri si sono occupate molte riviste del settore, dipartimenti di italianistica,
istituti di cultura, in Italia e all'estero. E' tra i poeti italiani del secondo Novecento selezionati
nella prima antologia on-line curata da Paolo Ruffilli e patrocinata dall'ONU.
Ha pubblicato: “Orione”(Mucchi Editore, 1986-poesía), “II pane quotidiano” (Edizione del Leone,
1990-narrativa), “Vascello da Occidente” (Edizione del Leone, 1992-poesía), “Punti cardinali”
(Laboratorio delle Arti, 1993-poesía), “Quella dei Beati Angeli” (Edizioni del Leone, 1994-prosa
creativa), “Scendevi Lungo la Strada” (Book Editore, 1994-poesái), “Momenti minimi”
(L'Autore Libri, 1994; SaveAs Editorial, 1999-poesía), “II killer” (Edizioni del Leone, 1995;
Mobydick, 2000-narrativa), “Venti e lune” (Book Editore, 1995-prosa creativa),
“Apparenze in siti di trame” (Book Editore, 1996-poesía), “I giorni di Orta” (Laboratorio delle Arti,
1996-poesía), “In odore di terre” (Book Editore, 1998-prosa creativa),
“La quercia alta del buon consiglio” (Edizioni del Leone, 1999-poesía), “Scritti e frammenti”
(Scrittura Creativa Edizioni, 1999-poesía), “Ratio” (Scrittura Creativa Edizioni, 2001-poesía),
“Versi civili”, (Scrittura Creativa Edizioni, 2003-poesía)

 




dos poemas versionados al castellano
 por Martha Bello
 
 
XXI

ci sono giorni e luce viva anche
quando è un corpo a cadere ci
pensi a come vagavano i passi poi
fermi e il maledetto proiettile
dicono aula 6 istituto di filosofìa
del diritto Roma università la
Sapienza poi un processo una siepe
oltre la siepe la recita delle parti
quanto costa dire parole ascoltate
il viso è volto soltanto da ora

XXI

hay días y viva luz también
cuando es un cuerpo el que cae
piensas en como vagaban los pasos luego
detenidos y el maldito proyectil
dicen aula 6 instituto de filosofía
del derecho Roma universidad La
(*)Sapienza luego un proceso una valla
mas allá de la valla el recitado de las partes
cuanto cuesta decir palabras ya oídas
el rostro solo se vuelve ahora
(*)NT: La Sapienza es el nombre de la universidad romana donde sucedió el hecho luctuoso que inspira el poema: una joven estudiante muere por el disparo involuntario de un profesor desde la ventana de su estudio.

IV

attento tu guarda la pelle è diversa
un colore diverso e l'odore distante
ascolta è una lingua straniera e
diversa
lontana
da fuori
di fuori straniera mi fermo ai confini
ai radi passaggi tra il verde e l'abete
tra i cardi nascosti un segnale richiudo
come linea febbrile ascolta è il diverso se
fosse cultura ma barbaro assieme facciamo
ducati e contee con tiepide marche e
legioni
legioni di fatui
dove saranno
i veri confini
delle nostre paure

IV

eh tu atención mira esa piel es diferente
un color distinto y el olor distante
escucha es una lengua extranjera y
diferente
lejana
externa
de afuera extranjera me detengo en los limites
en los escasos espacios entre el verde y los abetos
entre los cardos escondidos un signo que encierro
como límite febril oye es lo diferente si
fuese cultura pero salvaje grupo conformamos
ducados y condados con cálidos títulos y
legiones
legiones de fatuos
dónde estarán
los verdaderos límites
de nuestros miedos

 

XXI

ci sono giorni e luce viva anche
quando è un corpo a cadere ci
pensi a come vagavano i passi poi
fermi e il maledetto proiettile
dicono aula 6 istituto di filosofìa
del diritto Roma università la
Sapienza poi un processo una siepe
oltre la siepe la recita delle parti
quanto costa dire parole ascoltate
il viso è volto soltanto da ora


XIII


l'editoria non sale o scende da un salone non
apre ancora il senso di quello che fu stimato
le grosse sigle commerciali se ne fottono e la pagina
da sempre meglio la vacua ed i venti passaggi televisivi
oppure fine pubblicista di lontano paga con i tuoi
quaranta articoli elzeviri per i finti libri della
monaca l'attrice il piccolo cantante il comico serale
l'attore l'odore dell'inutile declino quale ricerca dove

"i problemi dell'editoria"

ma aspetta e guarda tu scrivente di stagione
esiste esorto un fiato un anelito di stile
il senso della ricerca ci sono almeno dieci
piccole sigle vive a fronte della miriade di realtà
inadatte ma quelle dieci o nove o dodici
ci salvano ancora quali trincee di lotte

XXXV


questo antico paese il bel paese di continue
ingiustizie di inutili grida o miasmi ad
occhio e croce apposte fìglie di leggi truffa
di bufala o governo anno duemila di
magistrati falsi forse potrai per tua difesa
finire cestinato o perseguito di colpa in
colpa se invece hai sette ergastoli mio
caro ti verranno concessi arresti domiciliari

XXXVII


versi civili è l'essere ora alle 20:28 appoggiato
ad un mobile essere come di maggio in attesa
verso civile è trovarsi tra i tanti ed essere
soli è l'inutile tempo d'assenza il dolore
il piccolo muto il silenzio non essere quasi
i versi civili li conti ogni sera pensando al passato
a come più bello sapiente decorso a ritroso ma
forse esistito solo per tè e gli altri lontani non
sanno nemmeno chi piange chi pensa oggi a fronte
a quale finestra è l'ansante civile il vuoto poi dopo
niente neanche esistesse l'oggi possibile e come
ripeto infinito il quasi l'inutile nulla di tutto
vivere come fantasmi come lemuri neanche incontrarsi


PARIGI : INCANTO E DISINCANTO
 
Dal 1700 in poi Parigi ha sempre esercitato un fascino particolare sugli scrittori italiani. Si pensi a come abbia accolto Goldoni dopo le ingratitudini veneziane, a come abbia circuito il buon Manzoni fino a farlo convertire, a come abbia dato spazio a Marinetti con il suo Manifesto futurista. E non parliamo di Ungaretti in quella torbida Senna dove si mescola e si riconosce.
Citazioni scolastiche? Sì. Ma necessarie. Perché è proprio da qui che è opportuno partire. Per capire, nel senso latino e più lato del termine, l’operazione che attiene alla raccolta di liriche  “Metrò: Madeleine” di Andrea Rompianesi.
Parigi diventa per lo scrittore il centro da cui e in cui si dipana la sua memoria. Non per nulla la parola scelta per il titolo dell’opera è Madeleine: un richiamo preciso ed esplicito a Proust (che tra l’altro ritroviamo anche in alcuni versi…
 (…) …al 9 Proust bambino faceva linguacce)
Un richiamo che non è semplicemente un cartello posto all’angolo della via, ma un indirizzo di poetica, una indicazione di merito. Che significa porre al centro della raccolta quella recherche con la quale bene o male tutti gli scrittori hanno fatto i conti.
(…) lo capisci almeno che nel frastuono
tutto finisce scompare il tempo (…)
ti accorgi comunque che si è sempre soli
a morire aspettando un lontano qualcosa (…)            
(…) invece i bei tempi sono
sempre quelli passati…(…)
La memoria, si sa, scandisce il tempo della coscienza, oltre che delle relazioni. Si insinua nel quotidiano, lo dilata, lo corrompe, lo erompe nei traguardi raggiunti o da raggiungere. Da qui l’epifania: quel momento che rende mistico ogni nostro incontro (anche quello del sesso) perché la nostra storia (quella con la esse minuscola, ma pur importante ed essenziale) è la consapevolezza di un sé che si rapporta agli altri e ne trae alimento.
          (…)La storia dei piccoli sogni le grandi voglie
l’osservazione e maniacale il tocco il tatto (…)
           (…) (…davanti il baratro dell’ogni giorno…)
(…) di fronte
una taverna con arredi rossi
tenda rossa spazi rossi e un orologio (…)
E’ la cronaca delle azioni – da quelle più sublimi a quelle più semplici – che coesiste ad una realtà altra da me che mi incanta e mi disincanta.
         (…) La Séréna è donna al flamenco
è luce di Spagna poi San Miguel
birra a ricordo di quelle bevute (…)
(…) … l’uomo con la lattina di birra ondeggia in giacca
e cravatta e muove il passo il nero di due metri (…)
(…) 1664 Heineken Coca Cola Bud beer
total 226 merci (…)
Oltre a ciò il colore. Un altro elemento essenziale. L’essenza dell’arte pittorica, ma pure l’essenza di ogni arte. Pensate a una musica priva di “colore” (presto, moderato, pianissimo…) che musica sarebbe? Così il colore diventa ipso facto una misurazione poetica. E’ l’elemento che lega la riflessione e il quotidiano, che sublimizza ciò che potrebbe essere banale. Ed ecco che il viaggio fra le vie parigine, i sobborghi, gli hotels, i Musei diventa un viaggio à rebours, attraverso il dialogo con i vari Kandisky, Matisse, Mirò. Un dialogo che non cela le contraddizioni, gli ossimori inevitabili, le enumerazioni quasi da catalogo. Ma comunque un dialogo che mi immette nelle “secrete cose”, per dirla con Dante: nella sublimità dell’arte.
           (…) ci sono è vero i pesci rossi nel boccale
il rosso contrasta il blu di sfondo (Matisse)
(…) è l’uomo che corre ma come fermo (…)
(…) di Modiglioni il “Bleu I, II, III” di rosso
Mirò dove tutto è cielo crepuscolo
o vuoto d’aria (…)
E c’è una sorta di contrappunto (o basso continuo, come è stato definito (¹)) che va a intrecciarsi con la coscienza per metterla meglio a fuoco: e sono i vicoli, i bistrot, i ponti che riemergono in una scrittura, ora imperiosa, ora ammiccante (ma mai compiacente o sottomessa).
            (…) Al ponte Mirabeau non sono stato (…)
(…) E l’amico Stefano? Ci troveremo a Modena (…)
 (…) Lo spazzolino è perso
            il telefono guasto
il cesso un cunicolo… (…)
Il verso diventa una proiezione iconica della mente del poeta. Traduce il suo essere scrittore. Che è un esserci, un trovarcisi, un presentarcisi. Mai un fuggire. Nemmeno quando la presenza potrebbe farsi scomoda, inquietante. Il verso scatta nelle pieghe dell’animo. Lo incide. Lo corrode. Lo scuote.
(…) l’idiozia serva e astuta dei “Cocuzzi” delle
Pariette” dei “Maurizi Costanzi” delle vergini “Parodi”
dei grossi editori dei professori onorevoli spennacitrulli
gli azzeccagarbugli dei dirigenti ignoranti arroganti (…)
 Questi passaggi – che potremmo definire “nervosi” – li avevo già notati in Versi civili. Una raccolta dove lo stesso titolo si prestava a una non ambigua intensità etica: a un intervento diretto e pressante sul lettore per non spegnerne l’indignazione o la partecipazione. Ora il poeta prosegue e ci introduce da buon compagno di viaggio nell’incanto favolistico di Parigi. In una Parigi rivissuta con lo sguardo ironico di chi la attraversa lasciandosi sedurre solo quel tanto che basta.. Nella speranza di una verità irrisolta e da scoprire. Per se stesso. Ed anche per il lettore. Naturalmente.

Enea Biumi
(1) Ugo Manzoni , Pagella per Andrea Rompianesi, in “Metrò: Madeleine” pag. 87

IL GRIDO   


Dico la verità. Ad una prima lettura la prima parte non mi convinceva molto. La sentivo distante.
Quasi un freddo rincorrersi di parole. E mi son chiesto perché.
La motivazione stava nel titolo stesso. In quel “grido”.
Il grido, infatti, può non essere sempre immediato.
In un primo tempo può frastornare e non lasciare intendere.
E forse la prima parte è costruita apposta su questo binario di ambiguità.
Nel segno di una non immediata comprensione. Anche se in quel fluire iniziale di parole
avevo comunque scoperto un andamento musicale voluto e minuziosamente calibrato.
Un caos semantico che giustificava il grido.
Così come una partitura musicale di Edgar Varèse o Luigi Nono
nel disordine delle note richiama l’ordine delle cose.
Il tutto – cioè quel bailamme di termini falsamente ludici -
confluisce nella seconda parte. Più comunicativa. Più emotivamente certa.
Più vicina ad altre raccolte di Andrea Rompianesi. O per meglio dire: la prosecuzione di altre raccolte.
Ne trovo la giustificazione e insieme la riabilitazione.
Ecco allora che il grido si fa più carne. Intenso. Vicino. Umanamente vicino.
Anche il verso si dilata (ma non scorda la musicalità).
Si ammansisce e si ammanta di disperazione.
Il grido diventa parte della tua vita.
Ti accompagna. Ti imprigiona. Ti distrae. Ti umilia. Ti ridicolizza. Ti aiuta.
Nel coacervo di segni difficilmente decifrabili la poesia svela il suo significato.
Il mondo è “questo paese di farisaico imponibile” è “lotta mascherata
di falsi moralismi” dove è “più / scandaloso un culo nudo della loro politica aziendale”.
La poesia smaschera dunque le falsità. O per lo meno, ci prova.
Anche perché non sta nelle mani del poeta la chiave del tutto:
“lirico non lirico antilirico che cosa me ne / fotte se sento in certe
 ore quel tono passacuore” . Sebbene a volte il poeta può sembrare
o assomigliare a quel “Fantozzi Ugo ragioniere in quella scena al night”
perché alla fine “solo Calboni scopa davvero” ed
 “è urlo muto anche comunque il bisogno onnivoro”.
Mi rammentano, questi versi, Gozzano in quel passaggio di Totò Merumeni
che recita: “sognò pel suo martirio attrici e principesse / ed oggi ha per amante la cuoca diciottenne”.
E non manca la presenza di Leopardi là dove Rompianesi scrive:
 “tutti quei momenti andranno / perduti nel tempo” perché “l’urlo
 è qualcosa d’infinto” e perché “quello che più conta è lasciare agli altri la speranza”
Ecco, nel doppio rapporto finzione realtà si disvela la grande bugia:
“lo schermo è/ lì che distrae la tetta di fuori il culo succoso”.
 Mentre continua il rimpianto, la nostalgia, il ricordo ,
 mentre soprattutto è ancora viva l’utopia del fare e del farsi,
del divenire cosa altra dagli altri per ribadire il sé centrale,
 istintivo, per esaltarsi in “una vibrante protesta” come direbbe De Andrè.
L’incontro-scontro con l’arte - sia essa letteratura, cinema, pittura -
accompagna dunque l’esistenza del poeta.
Direi che in fondo la sublima in un confronto
 sempre stretto, accorto,
mai debordante, ma
nello stesso tempo ironico
e sagace.
Per concludere alla fine che “il grido poi è il binario morto”
in cui “tutto è finito / e soltanto il libro quel che rimane”.

Enea Biumi


AVINGUDA DEL PARAL-LEL –

Può la scrittura divenire diapositiva e rammentare un percorso fatto di immagini, flash, istantanee di viaggio ed impressioni? Nel caso di Rompianesi lo può. E lo può con la forza di chi si intromette in queste slides scritte e le trasmette tout-court, senza mediazione sintattica, o meglio attraverso frasi nominali che diventano per se stesse compiute ed in alternativa analitiche.

“Avinguda del paral-lel” si inserisce da una parte in un discorso di viaggio e di poesia che richiamano altre raccolte (penso ad esempio a “Metro: Madeleine” e a “Strada di pausa e di viaggio” in maniera particolare) e dall’altra in un sperimentazione linguistica che offre al lettore modi espressivi del tutto originali. Non per nulla, a proposito di linguaggio, la seguente raccolta si inserisce nella collana “Egina – prosa creativa” e non in “Hydra – poesia”, per ribadire appunto la messa a fuoco di un “verbum” che non vuole solo ereditare il passato (o quanto di passato resiste) ma creare, quasi ex novo, rinnovando la “poiesis” che è creazione. Da questo punto di vista, sembra quasi superfluo ribadirlo, non si avverte differenza fra poesia e prosa (costatazione già emersa in tante occasioni e riportata tante volte).

Chiaramente non si può trascurare l’oggetto che dà vita a queste diapositive di scrittura: che è la città di Barcellona, l’incantatrice come è stata definita da Robert Hughes. Già come lo era stata Parigi o altri luoghi attraversati da Rompianesi , come inserti di un dove e di un quando da immortalare. Le strade, i monumenti, le chiese, ma anche i personaggi arrivano al cuore del lettore attraverso gli occhi del protagonista (Leo) che potrebbe pur essere l’autore-narratore. E i loro nomi assumono un’identità assoluta muovendosi tramite una specie di telecamera nascosta che riprende, annota, materializza e smaterializza, in un continuum di giochi luci-ombre, presenze-assenze, singoli-masse. La città si fa umana, parla, canta, discute, riflette. Il narratore si fa città, mura, rambla, collina, mare.

Non è nuovo, Rompianesi, ad una simile scrittura ed argomentazione. Approccio ad un sentire attento al respiro del tempo che immortala in tanti flash: scatti d’autore e d’attore (o datore) di parole. Percorso che condivide esperienze trasformandole in scrittura poetica che non abbandona la sintesi ma non disdegna nemmeno l’analisi e che offre spazi e sprazzi di vita. Che sia Barcellona, Parigi, Roma, od altra città. Od altre vicissitudini.

Enea Biumi

Strada Di Pausa E Di Viaggio 

In una intervista ad una televisione americana,all'ennesima domanda sulla propria autobiografia,
Bob Dylan , con il suo tipico caustico mezzo sogghigno, aprì in repentino
sfogliamento davanti agli occhi delle telecamere il suo personale scrape
book.

Si scoprì che il folk singer di Duluth, come molti altri artisti e poeti beat dell'epoca,
incollava sulla propria agenda, in progressivo decollage, tutto quanto lo
riguardava, unitamente a quello che raccoglieva per strada.

In quell'azione simultanea, che ha pure suggestive analogie virtuali con l'odierno
facebook, veniva rivelato che l'identità è viaggio indiziato da segni nomadici
di significanti casuali, i quali rinviano a continui detour della propria
esitenza incompiuta.

Con stessa analogia visiva allo scrap book Dylaniano,ma da una prospettiva più intrinseca,
da cut up della scrittura ad appunto, nasce anche questa prova di Andrea
Rompianesi.

L'energia del libro è erogena,continuamente attentiva al segno dell'evento"..se si
spostano le sedie per fermarsi al tavolo giusto...finalmente scelto...passa come un
flusso tra chi è vicino ....quasi un segnale per allora parlarsi..." (P.75) ed
esso scorre nei percetti dell'autore, configurando nei 65 quadri del viaggio,un
tracciato di rappresentazione che ha diversi movimenti di vera e propria
videopoesia:

-Un dialogo serrato in controcampo ravvicinato (P.57 ,da Vv.1 a Vv.7).

-Una soggettiva del movimento nello spazio urbano durante la autonarrazione(P.67, da
Vv.4 a Vv.17).

-Brevissimi travelling di passaggio a sfondo afocus ed in macrodettaglio (P.51, Vv.10 e 11).

-Movimenti di raccordo ad ellisse in interno (P.89, da Vv. 9 a 13) ed esterno (P.97,da Vv.1 a
10).

La funzione delle citazioni interpolate che accompagnano il libro sono il contrappunto
intellettuale ed intellettivo dell'azione del personaggio poeta di queste
pagine,il quale attraverso una ricerca esistenziale inquieta continua ad
interrogare il lettore, mettendo alla prova la sua concentrazione geofisica e
spaziale.

Le schizofasie dei frammenti hanno una accurata autonomia di senso
psicogeografico e riescono ad eguagliare in alcuni lacerti la forza dei Retournelles
di Felix Guattari ,con un additivo molto intrigante di tensione
spirituale finale, dove la rarefazione dilata la pausa respirante del viaggio e
sembra davvero che giunga "la vita" per il poeta:

Quella della contemplazione aperta sull'esistenza dove i transiti dissolvono e l'ascolto
silenzioso del nostro battito accorda con l'anima di tutte le cose.

Strada Di Pausa E Di Viaggio è soprattutto una ricerca contemporanea nel senso
dove i piani spaziali e quelli temporali vogliono sempre essere l'esistenza
dell'andare ritrovando e parimenti del ritrovare mentre si passa nei luoghi.

Intanto il poeta affina i suoi strumenti,nonostante più o meno esplicitamente, spesso
affiori disagio ed inquietudine. Allora i paesaggi minimali di corpi e di
situazioni devono essere abbandonati,non prima però che "Ponga il suo dato
il giorno lasciare altro di presente un arso desiderio scuro sulla lingua fallo
eretto nella possente verticalità corvina" (P.73).

Considerato anche questo preliminare ardente,
diviene quasi pleonastico affermare che in questo libro si scopa con fast sex
dell'eros, svelto e subitaneo nell'acutizzare le epifanie voyeuristiche del
poeta, in grado di sublimare in flash sensoriali e sensitivi nelle loro
luminescenze carnali i corpi femminili, i quali hanno talvolta stilizzazioni
post moderne alla Franz Kline o una trasgressività visiva alla Robert
Mapplethorpe.

Strada Di Pausa E Di Viaggio è ed ha tanta vita indirizzata dalle sue schegge
vettoriali. Traiettorie di percorrenze e transiti dove la vitalità della
memoria appassiona ed i volti e le immagini sulla time line del verso appaiono
e scompaiono con forti impressioni, sia a chi casualmente li sfogli oppure li
selezioni ,pre impostandoli per una analisi in una navigazione di poesia da Tom
Tom satellitare/esistenziale.

Attraverso la scrittura di Andrea Rompianesi i versi fanno sentire "...come forte intensa
speranza di un senso....."(P.135) e se ne vanno, con la promessa di avere ancora
qualcosa da dire proseguendo dopo il cambio delle luci al semaforo.

Febbraio 2013
Alberto Mori

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