Fernanda PIVANO - eneabiumi

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Fernanda PIVANO


Fernanda Pivano (18.07.1917 - 18.08.2009) è stata per la cultura italiana un faro importantissimo.
Allieva di Pavese, ha portato in Italia la letteratura americana.
Quella letteratura che, negli anni trenta e quaranta, il regime fascista aveva messo al bando.  
Quella letteratura che parlava direttamente al cuore delle persone.
Che ignorava compromessi col potere.
Che viveva di vita propria e non sotto l'egida della retorica o della mistificazione.
Aveva tradotto Edgar Lee Masters ed era riuscita a superare la censura (così raccontava)
tramite un piccolo trucco. Aveva scritto: Antologia di S. River (tralasciando la parola Spoon)
La censura credette si trattasse di un santo e lasciò pubblicare la traduzione.
In seguito introdusse in Italia Ernest Hemingway, i poeti della beat generation
(Allen Ginsberg, Jack Kerouac, Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti)
e quella cultura underground rifiutata spesso dalla letteratura ufficiale.  
Fu amica del cantautore italiano Fabrizio De Andrè
che musicò alcuni brani dell'Antologia di Spoon River.
La conobbi per la prima volta ad un incontro pomeridiano
nell'ambito di un premio letterario
che si tenne a Varese
nella metà degli anni novanta. Aveva negli occhi e nel volto
una forza e una giovinezza indicibile. La mia emozione
era grande. Non parlai molto con lei
Non era necessario parlare per capire e per capirci.
Il suo viso mi parlava della sua grandezza.
 
Fernanda Pivano (18.07.1917 - 18.08.2009) ha sido para la cultura italiana un faro importantísimo.  
Alumna de Cesare Pavese, aportó a Italia la literatura americana
a través de sus briyantes traducciones. Esa literatura que,
en los años treinta y cuarenta, el regimen fascista prohibía a cal y canto.
Literatura realista y contemporánea que llegaba directamente al corazon de las personas,
ignorando someterse al Poder.
Literatura que vivia su vida propia y no bajo la egida de la retórica y la mistificacion.
Fernanda Pivano tradujo a Edgar Lee Masters y habia podido eludir
a la  censura de esa época, con un pequeño truco.
Tituló el libro : “Antologia de S. River” (dejando a parte la palabra Spoon)  
La censura creyó que se trataba de un santo y dejó circular la versión.  
Después, introdujo en Italia,
a Ernest Hemingway y a los poetas de la beat generation:
Allen Ginsberg, Jack Kerouac, Gregory Corso, Ferlinghetti,
y varia cultura underground rechazada con frecuencia por la literatura oficial.
Fue amiga del cantautor italiano Fabrizio De Andrè, quien musicò algunos textos
de la “Antología de Spoon River”, ya citada.
Le conocí personalmente en un taller de iniciasión literaria que se convocó en Varese,
a mediados de los años noventa.
Tenía en los ojos y en el rostro una fuerza y una juventud indecible.
Mi emoción fue inmensa. Apenas si crusé palabras con ella.
No era necesario hablar para entender, para entendernos.  
Su rostro me hablaba de su patente grandeza.   

A MARGINE
   
I tuoi occhi
Nanda
così giovani
quando mi parlasti
così profondi
quando mi chiedesti
così rari
quando mi abbracciasti
ed io
indeciso
muto
davanti al tuo sapere
solo un sorriso
e biascicato un grazie
mi interrogava la tua scienza
intimorendomi
mi piegavano i tuoi amici
Poeti
tutti accolti dentro quei tuoi occhi
di mondo e di vita
di rinascita e di speranza
mi invitasti
me meschino
nel respiro dei loro versi
nell'immagine della parola universale
che traccia solchi
che appare nell'infinito ruotare
di isole inesplorate
di canti ancestrali
di cantori moderni
 
Non so ora che cosa
possa dirmi il domani   
 
Enea Biumi

AL MARGEN

Tus ojos
Nanda
así de jóvenes
cuando me hablaste
así de profundos
cuando me preguntaste
así de raros
cuando me abrazaste
y yo
indeciso
mudo
delante de tu sabiduría
sólo una sonrisa
y murmurando un gracias
me intrigaba tu ciencia
intimidándome
me doblegaban tus amigos
Poetas
todos acogidos dentro de tus ojos
de mundo y de vida
de renacimiento y de esperanza
me enviaste
a mi niño
en el aliento de sus versos
en la imagen de la palabra universal
que traza surcos
y aparese en el infinito rodar
de islas inexploradas
de cantos ancestrales
de cantores modernos
 
No se ahora qué cosa
pueda decirme el mañana   

Versione castigliana: Maria Luz Loloy Marquina, Vicky Loloy Orozco,  Poni Micharvegas, Carlos Sánchez.


Fernanda Pivano con Allen Ginsberg

"Il denaro ispira la corruzione.
La musica, la poesia, la letteratura possono cambiare il mondo.
Ne sono ancora convinta, anche se non ho più i vostri anni".  
E' uno dei passaggi piu' belli della lunga intervista
che Fernanda Pivano ci rilasciò
alla vigilia del suo novantesimo compleanno.
All'indomani della sua scomparsa vogliamo ricordare lei
e le sue riflessioni sulla musica,
la letteratura, la libertà, le grandi passioni
che hanno accompagnato l’intensa vita artistica
di questa grande scrittrice,
amica di Hemingway, Ginsberg e De Andrè...
Un vita tutta vissuta per amore del coraggio,
a cui non seppe mai rinunciare.
Grazie Fernanda

INTERVISTA A FERNANDA PIVANO
di Claudia Consolini e Stefano Corradino

Fernanda, possiamo disturbarti per una breve intervista?
Volentieri, basta che non mi facciate domande di politica… Andrei in prigione nel giro di pochi minuti.
Niente politica, almeno non in senso stretto. Vogliamo parlare della tua vita, del tuo lavoro, delle tue passioni…
Allora è bene che vi mettiate a sedere perchè potrebbe volerci molto tempo!
Tra le passioni della tua vita ci sono la musica, dalla classica a quella rock e dei cantautori più impegnati, e la letteratura. In particolare quella americana. Due passioni intrinsecamente legate. Cominciamo con la prima.
Il mio amore per la musica... Beh, vediamo...mio padre era un signore che tutte le sere se ne andava su e giù per il lungo corridoio della casa in cui abitavamo. Passeggiava ascoltando continuamente i  dischi da un grammofono.
Di certo non erano dischi rock…
Erano opere, quelle dell’Ottocento. E non mi divertivano granché, avevo già da piccola delle aspirazioni piuttosto turbolente!
Poi dall’ascolto sei passata all’esecuzione e hai iniziato a suonare il piano.
Mia madre e mia nonna mi avevano regalato un player, un pianoforte dal suono molto dolce. A sei anni ho cominciato a prendere lezioni. Studiavo molto. Ho avuto due insegnanti, entrambe russe. La seconda era allieva di Rachmaninov. Mi faceva lezione raccontandomi aneddoti divertenti di Rachmaninov o di altri musicisti russi. Poi dovette scappare durante le persecuzioni fasciste ed io rimasi con la coda tra le gambe. Pensa, diventò la maestra del figlio di Charlie Chaplin…
Mentre ti appresti a prendere il diploma di conservatorio studi al liceo. E poi l’università, dove conosci Cesare Pavese…
E' stato il mio maestro. Poi lo hanno arrestato, due anni di confino, e non c’era niente da fare per tirarlo fuori. Ed in prigione andai a finirci anche io. Ma di questo preferirei non parlare…
L'altro grande, vero maestro che ho avuto è stato Nicola Abbagnano. Un filosofo esistenzialista, in un’epoca in cui l’esistenzialismo era bandito, ed invece io lo amavo. A differenza di quei filosofi tedeschi noiosi che parlavano solo di morte, Abbagnano parlava della vita….
Pavese e Abbagnano hanno quindi contribuito a fare di te la straordinaria traduttrice e saggista che sei oggi.
Io non sono niente, cosa vuoi che sia, se non una povera vecchietta... (sorride)
Vecchietta? Sei stata definita (giustamente) l’ambasciatrice della beat generation, colei che ha tradotto coraggiosamente le opere “scomode” dei grandi autori americani…
Beh, di coraggio penso di averne avuto, visti i tempi. Ma mi emozionavano davvero le cose che leggevo e traducevo. La libertà, la vitalità, l’indipendenza evocata in quei testi. La gente ormai lo ha dimenticato, ma a coltivare quegli ideali era la maggioranza dei giovani.
Sono i testi di quelli che tu definisci i “poeti di strada”, come Kerouak, o il tuo grande amico  Allen Ginsberg, o Borroughs, che hanno portato la poesia e l'arte, come spesso hai affermato, “fuori dalle accademie e dai salotti buoni per restituirle alle masse, alla gente e farle amare ai giovani e alla gente di strada”… Puoi dirci come ti sei avvicinata a questi grandi rivoluzionari della letteratura americana postbellica?
Traducendo le loro opere. Nessuno voleva farlo, perchè occuparsi di loro avrebbe significato andare al confino; mentre io credevo che quella fosse la vera espressione contemporanea; era quella la direzione di marcia, un cammino letterario ed umano verso la libertà...
Cosa amavi maggiormente di questi poeti? La genialità, il talento, la sfrontatezza...
Il coraggio...
La stampa ufficiale li vedeva diversamente. Li descrivevano in gran parte come dei pazzi, drogati, depravati... Tu invece ce li hai presentati sotto una luce diversa.
Io volevo semplicemente che tutti conoscessero e si appassionassero come me ad una cerchia di poeti, che, in una società ingiusta, condannavano le dittature, e inneggiavano  alla non violenza, alla libertà, alla solidarietà… Era bello sentir evocare quei valori. E poi erano delle persone dolcissime.
Dittatura e libertà, due termini che citi continuamente…
Miei cari, se pensate che io ho dovuto vivere, per ventidue anni, sotto il governo fascista, il più autoritario, il più inflessibile, nella nostra lunga storia, allora è molto bello pensare di potersi esprimere liberamente senza poi andare a finire in prigione... Perchè all’epoca, o uno parlava e la pensava come loro o finivi in prigione… E io ci sono andata più di una volta, lo sapete?
La storia del mondo è stata lastricata di dittature. Quindi la libertà è una conquista straordinaria e quando si ottiene è come l’aria, non se ne può fare a meno.
L’amore per la libertà è lo splendido messaggio di “Addio alle armi” di Hemingway. Probabilmente la tua traduzione più importante…
L’incontro con Hemingway è quello che più di tutti ha segnato la mia vita. Aveva un modo di scrivere così straordinariamente diverso da tutti i secoli precedenti, quella realtà così densa nella scrittura…
E’ proprio per la traduzione di “Addio alle armi” che fosti arrestata. Ti va di raccontarci come andò?
Preferisco di no. Mi sembrerebbe di voler fare la martire. La verità è che in quel momento eravamo tutti in prigione. Tutti quelli che lottavano per la libertà andavano in prigione. E quando non era una cella con le sbarre era sempre e comunque una prigione interiore.
Torniamo alla Beat Generation. Anche Allen Ginsberg, l’autore di intense liriche come “l’Urlo” o “Kaddish”, è stata una figura molto importante per te.
Eravamo come fratelli.
Era definito il poeta della strada e del dolore.
Per me era il cantore della vita, il poeta della libertà.
Un aspetto che ha accomunato i poeti beat, tra cui Ginsberg, era l’accostamento alla filosofia buddista. Una filosofia alla quale anche tu ti sei avvicinata?
Il mio primo viaggio in India è stato nel 1961. Sono restata lì quasi un anno e la condizione sociale e di miseria è stato ciò che mi ha colpito di più. Vedevo centinaia di persone mangiare sul ciglio della strada, fare i propri bisogni dove capitava. Questo ci sorprendeva. Ma vedere negli occhi di questa povera gente una luce di speranza ci riconfortava.
Avevamo iniziato parlando della musica. Della professoressa allieva di Rachmaninov. Sono i compositori classici che hanno stimolato la tua passione per le note?
E’ quella la vera musica. Le composizioni del Poliziano e del periodo del Rinascimento. Le opere di Monteverdi, di Vivaldi e di Bach.
Ma poi hai conosciuto un tale di nome Fabrizio, anarchico cantautore genovese…
Fabrizio è stato un grande poeta, forse esagero se dico il più grande che abbiamo avuto in Italia. Ma è stato il più eroico dei nostri cantanti. Il musicista delle rivendicazioni popolari trasformate in musica. E la sua musica poteva essere compresa da tutti, non solo dai professori..  
Abbiamo ancora bisogno delle sue poesie “d’amore e di anarchia”?
Un bisogno incontenibile. Se un personaggio come De Andrè nascesse almeno una volta ogni sei secoli mi accontenterei…
Insieme avete scritto un disco struggente tratto dall’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, opera letteraria definita la “commedia umana degli Stati Uniti”. Nel disco raccontavate le vicende umane di un giudice, un matto, un blasfemo, un malato di cuore…
Spoon River raccontava i sentimenti, i dolori, le ossessioni e le passioni intime dei singoli individui. Raccontava l’America. Quell’America che allora mi piaceva.
Non è più così? Cosa non ti piace dell’America di oggi?
La guerra.
Tornando a Spoon River, che effetto ti ha fatto “rivedere” le immagini di Spoon River dopo cinquant’anni nel libro fotografico di William Willinghton?
Sono commossa perché io continuo a essere innamorata persa dell’Antologia di Lee Masters, che in fondo mi ha cambiato un po’ la vita. Io dico sempre che la vita me l’hanno cambiata Ginsberg e Kerouac e molto è vero, però io ero molto più giovane quando la prima volta la vita me l’ha cambiata Spoon River. Perché Spoon River mi dava un esempio di pace, non violenza, anticapitalismo, innocenza, purezza…tutte cose che noi allora ragazzi sognavamo. E William Willinghton, grande fotografo e intellettuale, mi ha dato una grandissima gioia, riproponendo a quelli che sono i ragazzi di adesso, questa serie di idee che erano proprio le idee del futuro, di quello che noi sognavamo come futuro per i ragazzi d’Italia.
In un mondo che non sembra brillare per saggezza e senso di responsabilità, vuoi rivolgere qualche consiglio ai giovani, alle nuove generazioni, per spingerli a continuare a credere e lottare per la libertà delle persone, la non violenza e il rispetto dei popoli, nel segno di un impegno civile e sociale che ti ha accompagnata in tutta la tua attività artistica?
Il denaro ispira la corruzione. La musica, la poesia, la letteratura possono cambiare il mondo. Ne sono ancora convinta, anche se non ho più i vostri anni.
Ne compirai novanta tra qualche mese. Ricominceresti da capo?
Ricominciare da capo magari sì, ma fare la stessa vita proprio no…
Oggi abbiamo ancora bisogno di persone come te, con la tua passione e la tua forza vitale.
Grazie, è il migliore augurio che potevo ricevere.
 

El poeta Allen Ginsberg lee en el Círculo de Bellas Artes de Madrid
(A su izquierda en el último re/trato, Mario Merlino como traductor simultáneo)
Dibujos: Poni Micharvegas / diciembre 1993

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