Gianfranco Gavianu - eneabiumi

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Gianfranco Gavianu

ROSA FRESCA AULENTISSIMA

Rosa fresca aulentissima: un poliziesco ambientato nella nostra provincia scritto da Giuliano Mangano
di Gianfranco Gavianu
Nato nel 1949 a Varese, Giuliano Mangano, che si cela dietro lo pseudonimo di Enea Biumi, è un artista versatile che ha scritto testi poetici, narrativi, opere teatrali ed è appassionato di musica: fa parte del Gruppo Folk Bosino. Lo scorso aprile ha pubblicato per Genesi editrice di Torino il romanzo poliziesco  Rosa fresca aulentissima. L’opera presenta uno spaccato della vita di provincia, della mentalità radicata in ampie zone del ‘profondo Nord’, in cui si agitano personaggi e gruppi sociali riconducibili  a tipologie facilmente riconoscibili: il prete, il sacrestano, il coadiutore, il farmacista, il giovane neolaureato timido e introverso, padri esuberanti e autoritari, madri trepide, ambiziose, invadenti,  la giovane bella e desiderata da tutti, carabinieri, leghisti con simpatie fasciste. Un panorama umano ricco e variegato che rende vivace e coinvolgente il racconto.
Alla base, come inevitabile in un poliziesco, vi è un omicidio: Teresa Lovedovo, giovane militante pacifista, bella e spregiudicata, viene eliminata dall’intolleranza brutale di un gruppo di parafascisti. A questo personaggio evidentemente allude la dotta citazione che dà il titolo al romanzo “Rosa fresca aulentissima”, tratta dell’ incipit del celebre contrasto di Cielo d’Alcamo che, come è noto, sta alle origini della nostra tradizione poetica. Attorno al fosco nucleo della vicenda ruota una serie di relazioni e di intrighi i cui protagonisti sono mossi dall’eros, le cui imperiose istanze entrano in urto col moralismo pio e ipocrita dell’universo piccolo-borghese e provinciale del Varesotto in cui il romanzo è ambientato. Nel personaggio del neolaureato Alvise Giavan l’autore ha forse proiettato alcuni suoi tratti psicologici e culturali: l’amore per la letteratura, una timida e scontrosa riservatezza; al tempo stesso, ad arricchire l’arazzo del racconto vi è un proliferare di personaggi disegnati con efficacia bozzettistica.
Una bonaria ironia pervade tutta la narrazione e getta una luce di indulgente comprensione sui comportamenti e gli atteggiamenti dei personaggi: in questa prospettiva di rappresentazione si rivela la visione della realtà  dell’autore che, pur non ignorando le contraddizioni e le durezze del vivere, distende su di esse uno sguardo fiducioso e rasserenante.
Tale disponibilità a comprendere e giustificare l’umano in tutte le sue manifestazioni si arresta, tuttavia di fronte all’assolutamente irrazionale, alla furia intollerante e omicida del gruppo di criminali che uccide Teresa (Terry); quest’ultima non a caso sembra assumere i tratti della vittima sacrificale, quasi una figura cristica.
Sapientemente e a lungo l’attenzione del lettore viene sollecitata e coinvolta dalla disseminazione degli indizi tra più personaggi che vengono sospettati del misfatto fino alla risoluzione conclusiva.
L’epilogo ci propone un lieto fine che sembra voler rassicurare il lettore contro gli orrori della violenza insensata: come in una carrellata finale di un film tutti i personaggi vengono passati in rassegna e coronano le loro  aspirazioni: l’idillio sembra ricomporsi: non è casuale che le ultime righe ci rappresentino il brigadiere Panepinto che ha condotto le indagini  mentre si gode la pensione contemplando adagiato su una sdraio il paesaggio del monte Rosa che ai suoi occhi appare “una gran grazia di Dio”.
Il romanzo, scritto in una prosa agile e scorrevole, cattura dunque e appassiona il lettore.
(Chi fosse interessato può ordinare il romanzo via internet rivolgendosi all’ email della casa editrice: genesi@genesi.org)
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