Vincenzo Capodiferro (Sfulcitt) - eneabiumi

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Vincenzo Capodiferro (Sfulcitt)

Una raccolta in vernacolo, fatta di “riflessioni tra dubbi, asserzioni, sogni”
Questa volta Enea Biumi, pseudonimo di Giuliano Mangano, scrittore, poeta, intellettuale varesino, ci regala “Sfulcìtt”, che significa “inganni”: un’intensa raccolta in vernacolo, fatta di “riflessioni tra dubbi, asserzioni, sogni”, edita da Lupi editore nel 2022. Parte proprio da una libera traduzione del “De Rerum Natura” lucreziano:
La vita l’è ‘na nòcc de tribuléri
e la cùur cumpàgn d’una saéta
La vita è una notte di affanni
e corre come una saetta
Si tratta di una raccolta molto esistenziale, che fa riferimento alla vita vera, all’erlebnis, con espressioni che solo il dialetto può rendere, sia perché era - e dico “era” - una lingua più vicina al popolo, alla saggezza popolare, e non alla sapienza degli intellettuali, sia perché la vita cui si riferisce era più semplice, più genuina. Peccato che il dialetto si sia perso tra le giovani generazioni. Nel Sud è un po’ diverso, ancora si respira il fascino delle tradizioni popolari, della lingua. Ogni paese ha una lingua diversa, tradizioni diverse. Il dialetto reca con sé un patrimonio vastissimo culturale orale, che rischia l’estinzione. Quest’assaggio di Enea ce ne può rendere un minimo di sapore. E sapienza deriva da sapore: dà l’idea di mangiare. Ricordate la metafora del profeta che divora i rotoli della Torah.
Dìsan che cunt un bòff de fantasia
Domenedìu l’avrìa fa ul mund
giüst in pòcch tèmp
Dicono che con un soffio di fantasia
Domineddio avrebbe creato il mondo
solo in poco tempo
Si tratta di uno di quei detti che la sapienza popolare ci offre dal suo scrigno arcano di tesori, tesori che rimandano a quelle idee archetipiche dell’inconscio collettivo junghiano. Dio, come diceva Eraclito, è un fanciullino che gioca ai dadi. È l’oltreuomo per eccellenza di nietzschiana memoria. Cristo è l’oltreuomo, colui che ha effettuato tutte le metamorfosi (cammello, leone, bambino).
L’uomo è:
Anima biòta
tra bistùrni e stranzénn
slisàda in un cièl a tacùnn
Anima nuda
fra maldicenze e malocchio
consunta in un cielo a rattoppi
Notate come il vernacolo tende sempre alla rima, alla musicalità, al ritmo, all’eufonia. Il dialetto è canzone, è armonia, è intuizione dello slancio vitale bergsoniano che si tuffa nel tempo, il tempo dell’anima. Il mondo contadino è fatto di credenze, di malocchi e di fatture, di quelle che noi chiamiamo superstizioni, come se appartenessero agli uomini primitivi: ma in effetti - diciamoci la verità! - anche noi ci crediamo. L’uomo contemporaneo crede ai maghi più che mai, perché l’uomo stesso è impastato di fantasia, e di magia. La vita è sogno, come dicono molti poeti e scrittori.
Leggere Enea è sempre bello, tanto più in questi versi, così stringenti, attuali, e sentiti.
Vincenzo Capodiferro

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